«Nel mondo Islamico non vi è alcuna recezione del documento Fratelli Tutti, perché non è conosciuto. Non è stato e non sarà letto nelle scuole, non sarà usato nelle moschee e nei centri di studio islamici. Non c’è alcun interesse a leggere e conoscere i documenti che provengono dalle Chiese cristiane, Santa Sede inclusa. Certo ci sono qua e là, studiosi e religiosi “specializzati” nel dialogo inter-religioso che hanno letto e forse anche commentato l’enciclica papale».
Con la schiettezza e l’onestà intellettuale che gli è universalmente riconosciuta, monsignor Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, è intervenuto lunedì 7 novembre presso la biblioteca del Seraphicum a Roma per commentare appunto l’enciclica Fratelli tutti. Il Patriarca non nega il valore dell’enciclica e nemmeno che vi sono singole «persone o istituti, che costituiscono un interessante presenza culturale del territorio, aperta al dialogo e al confronto critico, ma che poca o nessuna influenza hanno sulla vita reale della popolazione». Si tratta, aggiunge, «per lo più di studiosi “laici” o comunque non appartenenti al sistema religioso ufficiale islamico e alle varie istituzioni religiose». E così la catena di recezione dell’enciclica non arriva a penetrare il popolo.
«Le istituzioni religiose islamiche, inoltre, pur con qualche eccezione», spiega Pizzaballa, «non si occupano di dialogo interreligioso e del confronto con le altre fedi religiose. Si occupano prevalentemente di questioni interne, dei problemi legati alla vita civile e religiosa dei loro Paesi, ai temi che coinvolgono le loro rispettive popolazioni. Se rivolgono la loro attenzione all’Occidente o fuori dal Medio Oriente, è quasi sempre per motivazioni legate alla custodia dei valori religiosi islamici: la questione dell’uso del velo proibito in Francia, ad esempio, o del valore delle sentenze dei tribunali islamici in Gran Bretagna».
Il Patriarca ha offerto «alcune delle motivazioni per comprendere perché non c’è stata una grande diffusione per l’enciclica di Papa Francesco», pur essendo scritta pensando anche ai musulmani. «Non si tratta necessariamente di atteggiamento di rifiuto o di polemica. Semplicemente il pensiero è incentrato su dinamiche completamente diverse rispetto all’Occidente europeo e alle Chiese cristiane».
Molto di più, dice ancora Pizzaballa, è la figura di papa Francesco a colpire il mondo musulmano. «L’incontro di Papa Francesco ad Abou Dhabi, ad esempio, ha avuto un impatto enorme nella coscienza pubblica araba levantina. Probabilmente nessuno ricorda cosa si sono detti i due protagonisti dell’incontro, né leggeranno il testo che hanno firmato, ma certamente tutti ricordano l’incontro e il comune desiderio di lavorare insieme. Quei gesti aiutano enormemente a creare un ambiente positivo, anche se non ci si deve illudere che tutto cambi con i ritmi che magari noi ci aspettiamo. In una terra dove le tradizioni e la memoria sono parte costitutiva delle varie identità comunitarie, i cambiamenti sono sempre processi lunghi».
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