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Francia, vincono l’estrema sinistra e l’ingovernabilità. Le Pen battuta
NEWS 8 Luglio 2024    di Giuliano Guzzo

Francia, vincono l’estrema sinistra e l’ingovernabilità. Le Pen battuta

Repubblica oggi titola «Rivoluzione francese» e, una volta tanto, si può perfino essere d’accordo con il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Sì, perché lo scenario del primo turno delle elezioni politiche – quelle indette dal Presidente Emmanuel Macron dopo il tonfo alle europee – ha visto nel secondo turno, ieri, una «rivoluzione» vera e propria: la netta vittoria del Nuovo fronte popolare – l’alleanza di tutte le sinistre che tre settimane manco esisteva – e la ricomparsa sulla scena perfino di Ensemble, la coalizione di Macron, che ha sconfitto il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e del suo Jordan Bardella.

Per carità, il partito della Le Pen ha aumentato ancora i deputati nella prossima Assemblea nazionale, rispetto all’ultima, ma politicamente oggi fa i conti con la sconfitta. Com’è stato possibile che la destra francese ancora una volta abbia perso, dopo che da oltre 20 anni parte elettoralmente favorita per poi essere sconfitta? Sicuramente lo spauracchio «delle destre» (al plurale fa più paura) agitato da Macron in primis ha funzionato, ma non basta. Il RN, dicono gli esperti di cose francesi, può aver pagato sotto almeno tre punti di vista, che assieme hanno decretato lo scenario delle scorse ore.

Il primo: una classe dirigente ancora debole e del tutto inesperta, di cui la maggioranza ancora dei cittadini ancora non si fida; il secondo: il timore che affidare il governo ad un giovane di 28 anni (Bardella) potesse essere un rischio; il terzo: la sensazione che il RN sia ancora una destra troppo «estrema», per affidarle la guida di un Paese. Questi tre elementi possono aver portato alla «rivoluzione francese» celebrata oggi da Repubblica, che però non consente, a ben vedere, eccessivi festeggiamenti. Infatti la Le Pen è – in una tornata elettorale dall’affluenza record (67%), non così alta dal 1981 – stata di nuovo sconfitta, è vero.

Ma non si può dire che abbia vinto la governabilità, tanto che perfino Repubblica parla di «mezza vittoria» di Macron, il quale ora «prenderà tempo, prima i gruppi in Parlamento, poi sceglierà il premier». Staremo a vedere. Di certo è che con 182 seggi Nuovo fronte popolare appare molto lontano dal 289 seggi necessari per la maggioranza assoluta, quindi sarà inevitabile una alleanza con il blocco macroniano (che di seggi ne ha conquistati 168), dove però Mélenchon e i melenchoniani, come dire, non sono amatissimi. Sì, perché il grosso non detto di tutta la faccenda riguarda proprio questo: la sinistra francese non esiste.

Esiste invece una estrema sinistra francese guidata da Jean-Luc Melenchon, uno votato in massa dagli islamici delusi da Macron, e i cui supporter, tra i quali non mancano tantissimi pro Hamas, urlano nelle piazze (senza che lui ne prenda davvero le distanze) che «un poliziotto morto è un voto in meno per il Rassemblement national», uno che ha già chiaramente promesso, in caso di propria vittoria, che «avrebbe ridiscusso» in Parlamento la permanenza francese nella Nato. Il soggetto è questo qui: non un D’Alema, un Bonaccini o un Prodi; piuttosto lo zio d’Oltralpe di Ilaria Salis.

Tanto è vero che le sue prime parole non sono state affatto tenere verso l’inquilino dell’Eliseo: «La volontà del popolo deve essere rigorosamente rispettata. Nessun accordo sarebbe accettabile. La sconfitta di Macron e della sua coalizione è chiaramente confermata, il presidente deve inchinarsi e accettare la sua sconfitta e chiedere al Nuovo Fronte Popolare di governare». Quello che pare probabile, a questo punto, è che il Nuovo fronte popolare – dove Melenchon non è amato da tutti – si sfaldi, con socialisti e altre formazioni guachiste come comunisti e verdi che sono pronti al soccorso verso il centro macroniano.

C’è anche l’orizzonte di un governo tecnico sulla falsariga dei nostri governi Monti o Draghi, genere di cui il Belpaese è parecchio esperto, ma che Oltralpe sarebbe una novità abbastanza originale. Anzi, si può anche dire che questo scenario appare già molto preoccupante. Tanto che, nel raccontare l’esito elettorale venutosi a creare in questo secondo turno delle elezioni politiche, Figaro stamane ha annunciato una «una battaglia aspra per le posizioni chiave del nuovo governo», parlando di una «crisi si annuncia senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica».

L’unica che forse sorride veramente in tutto questo quadro è Ursula von der Leyen che, davanti ad una Francia «rivoluzionata», potrebbe apparire ancora più come un elemento di stabilizzazione continentale e, quindi, vedere il suo già probabile bis alla guida della Presidenza Ue definitivamente in cassaforte. Ma un Paese europeo rilevantissimo come la Francia ingovernabile o comunque con un governo precario, a rischio di saltare per aria costantemente, ecco, non è il massimo. Ma pur di battere «le destre», si sa, va bene tutto. È benvenuta perfino Babele o forse, chi lo sa, non si aspettava altro (Fonte foto: Ansa)

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