In questi casi non si sa mai chi è il colpevole. O meglio, lo si sa benissimo ma si fa finta di non conoscerlo. E così anche quest’anno il Giorno del Ricordo si è trasformato in un Giorno dell’Omissione e dell’Oblio collettivo. E fa male, molto male, che a quest’operazione di reticenza e mistificazione abbiano contribuito anche due delle massime autorità del nostro Paese, cioè il premier Renzi e il presidente Mattarella. Entrambi, nei loro messaggi scritti o orali di commemorazione degli oltre 10mila martiri delle foibe e dei circa 350mila esuli istriani, giuliani e dalmati, hanno omesso di ricordare chi furono i carnefici, i veri responsabili di quella tragedia: i comunisti slavi di Tito. Neppure un accenno vago a chi si macchiò di tanta ferocia, nessun riferimento all’ideologia e all’odio di classe che animarono le “gesta” (si fa per dire) dei macellai al comando del maresciallo jugoslavo. Una dimenticanza di una gravità inaudita, che è un po’ come evitare di citare il nazismo in occasione della Giornata della Memoria. Nonché un modo subdolo per umiliare nuovamente le vittime delle foibe: dopo la morte fisica, quella della dimenticanza e dell’autocensura istituzionale.
Mattarella si è limitato a evocare le «sofferenze patite dagli italiani nella provincia di Trieste, in Istria e Fiume e nelle coste dalmate» (sofferenze provocate da chi? Boh! E si possono chiamare solo “sofferenze” le epurazioni di circa 12mila persone uccise per la sola “colpa” di essere italiane?; non pago, il presidente ha messo in guardia dal rischio di precipitare nuovamente nella spirale di «pulizia etnica» e «odio razziale» (ma cosa diavolo c’entra il razzismo, presidente?), auspicando un futuro in cui si contribuisca «alla costruzione di un’identità europea consapevole delle tragedie del passato» (ma di quale Europa parla? Di quella che per anni ha ignorato volutamente il dramma del confine orientale?). Ed è curioso che poi alla fine Mattarella aggiunga che «ristabilire la verità storica e coltivare la memoria sono frutto di un’opera tenace e preziosa». Ma come, se proprio lui è il primo a non ristabilire quella verità e anzi contribuisce a violarla, dimenticando i nomi dei colpevoli? Come può parlare dell’urgenza del ricordo chi concorre consapevolmente alla sua rimozione?
Non meno reticente è il presidente del Consiglio Renzi che, nel suo stile solito, crede di poter ridurre la commemorazione di una tragedia immane a un tweet di 140 caratteri. «Ricordiamo sempre le vittime delle foibe e i nostri fratelli e sorelle che furono costretti a lasciare le loro terre», scrive sbrigativo il premier, aggiungendoci l’hashtag #GiornodelRicordo, magari per avere qualche retweet in più, visto che oggi va in tendenza…
Le “vittime delle foibe”. Ma vittime di chi, signor presidente del Consiglio? Vittime della fame, vittime della guerra, vittime degli stenti o magari, perché no, vittime del fascismo o degli americani? No perché, a leggere così il suo tweet, un giovane studente ignaro delle vicende del passato potrebbe pensare che quelle diecimila persone siano finite nelle foibe per caso, per un incidente o per mano di un nemico non meglio identificato. E che non siano state scaraventate dentro le cavità carsiche, legate mani e piedi e spesso ancora vive, da aguzzini spietati che facevano del credo comunista, della lotta ai preti, alle maestre, ai proprietari, ai poliziotti, agli italiani in generale, la ragione della loro missione bellica. Erano uomini accecati da un’ideologia sanguinaria e da un nazionalismo anti-italiano, anti-cattolico e anche anti-borghese. E questo andrebbe ricordato, presidente, se non altro per non fare un torto (oltre alla verità storica, che è stata già violentata a sufficienza) anche ai discendenti, ai figli, ai nipoti di quei martiri e dei tanti esuli che lasciarono quelle terre dopo essere stati posti davanti a un terribile aut-aut (restare e diventare jugoslavi, o lasciare per sempre le loro case), che chiedono da anni un giudizio obiettivo e completo e un ricordo non remissivo da parte di storici e politici.
E invece no voi, presidente e premier, con le vostre parole monche, con la vostra memoria parziale avete contribuito ad assolvere i carnefici, evitando di citarli. Vi siete resi corresponsabili dell’oblio. E avete fatto come il sindaco di Milano che, dopo aver detto sì a una stele commemorativa dei martiri delle foibe, continua a procrastrinarne l’inaugurazione oltre a non presenziare alla cerimonia di ricordo; e reso ammissibile il gesto vile di quel consigliere di “Sinistra per Pisapia” della zona 2 di Milano che ieri, durante il minuto di silenzio per quelle vittime, ha deciso di uscire dall’aula.
Tutti voi, in diverso modo, avete offeso migliaia di martiri e decine di migliaia di esuli. Dimostrando che alcuni aguzzini restano più uguali degli altri. E alcune vittime sono ancora morti di serie B, da commemorare di sfuggita e in pochi caratteri, tra un tweet e l’altro…