«Figlio indesiderato, Spedali civili condannati a risarcimento», così titolava l’Ansa in un lancio della tarda mattinata di ieri. La notizia riprendeva un articolo apparso sempre ieri sul Giornale di Brescia che raccontava la vicenda di due genitori che «dopo la nascita del loro terzo figlio avevano deciso che il loro progetto familiare poteva dirsi concluso» e che quindi la donna si era rivolta agli Spedali Civili di Brescia «per eliminare con le tube di Falloppio il rischio di restare incinta per la quarta volta». «Secondo i consulenti tecnici del giudice l’intervento di sterilizzazione – scrive ancora il quotidiano – non fu eseguito correttamente», da qui la condanna dell’ospedale a versare «poco più di 92mila euro, frutto della moltiplicazione di 300 euro al mese per tutti i mesi fino al compimento del 25esimo anno di età del quarto erede». In particolare il tribunale ha stabilito che l’errore dei sanitari «si è tradotto in una lesione al diritto di autodeterminazione nella scelta di non procreare della coppia, diritto tutelato dalla Costituzione e sancito dalla legge 194/1978 (quella sull’aborto ndr)».
Peccato che non esista alcun «diritto all’autodeterminazione nella scelta di non procreare» sebbene ormai per la maggior parte delle persone in Occidente il figlio sia esattamente questo, un diritto da esercitare o da non esercitare.
Infatti proprio in questo periodo i nostri cugini d’Oltralpe sono alle prese con la legge sulla bioetica che giungerà in seconda lettura all’Assemblea nazionale il prossimo 27 luglio. Si tratta del progetto di legge che consentirà alle coppie formate da due donne di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, un testo che la Conferenza episcopale francese definisce «ingiusto, ineguale e pericoloso».
E a rincarare la dose ieri è stato Pierre d’Ornellas, arcivescovo di Rennes e presidente del gruppo di bioetica della Conferenza episcopale francese, che nel corso di una conferenza stampa ha elencato i pericoli del disegno di legge chiedendo che venga rivisto «alla luce della fraternità».
«L’assenza di un padre – spiega D’Ornellas – non è l’unico problema etico posto da questo testo» che difatti ne pone diversi, come il futuro degli embrioni “in sovrannumero”, l’anonimato dei donatori o le tecniche di selezione embrionale. Ma è soprattutto sul concetto di fraternità, tanto caro ai francesi, che il vescovo ha battuto poiché essa – spiega – è la grande dimenticata nel dibattito.
La fraternità – spiega l’arcivescovo – richiede che a tutti gli esseri umani sia riconosciuta la stessa dignità con gli stessi diritti fondamentali, senza distinzione generazionale. «Questa fraternità viene rispettata quando il “progetto parentale” impone, con la garanzia della legge, un nuovo “diritto al potere” sul bambino privandolo della discendenza paterna? Ciò è coerente con la sua “dignità”?» «Senza una rinnovata consapevolezza dell’etica, i più fragili saranno soggetti alla legge dei più forti e i progressi previsti diventeranno regresso».
In Francia come in Italia.
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