«Vi informo che la sospensione dei trattamenti e la sedazione profonda e continua evocata dalla procedura collegiale avranno inizio nel corso della settimana del 20 maggio». Con queste parole l’illuminata Francia, quella di liberté egalité fraternité, comunica l’intenzione di procedere con l’esecuzione di Vincent Lambert. La data è ravvicinata, quanto basta per far capire che non c’è alcuna intenzione di accogliere l’appello che il Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità ha esplicitamente rivolto alle autorità transalpine chiedendo di aspettare un pronunciamento ufficiale.
No, non si può più aspettare, va fatto subito. Il protocollo è pronto, il copione già visto. Come nel caso di Charlie Gard non sarà annunciata la data precisa dell’esecuzione «per ragioni di segretezza medica» e come nel caso di Alfie Evans la sicurezza all’ospedale è stata rafforzata. All’ingresso del reparto anche un macabro cartello «Sicurezza rafforzata per rischio attentato». In effetti non fa una grinza, è in corso un vero e proprio attentato alla vita di un disabile grave che uno Stato consente sia soppresso a motivo della sua disabilità. La privazione di alimentazione e idratazione sarà preceduta – spiegano i medici – da una sedazione profonda, poiché con questa si eviterà quanto accaduto nel 2013, quando Vincent ha resistito oltre 31 giorni senza alimentazione e idratazione. Un fatto scientificamente inspiegabile che dovrebbe da solo essere da monito a chi si ostina a volerlo morto: Qualcuno lo ha tenuto in vita.
E proprio perché è ancora vivo e da un letto d’ospedale, immobile e senza parlare, sta conducendo una battaglia senza precedenti, ecco che il Dottor Morte, nella persona del dottor Sanchez del Centre Hospitalier Universitaire (CHU) di Reims, ha fatto la sua mossa decisiva fissando la data.
Ma anche la Vita ha i suoi soldati e ieri l’arcivescovo di Reims, Éric de Moulins-Beaufort (nella foto), da poco eletto anche a capo della Conferenza episcopale francese, e il suo vescovo ausiliare Bruno Feillet hanno parlato così: «Appartiene alla condizione dell’uomo e alla sua grandezza di dover morire un giorno. È bene ricordarlo in un momento in cui alcune persone rivendicano il diritto di morire quando e come lo scelgono mentre i profeti del transumanesimo annunciano la fine della morte. Ma è l’onore di una società umana non lasciare che uno dei suoi membri muoia di fame e di sete e persino fare tutto il possibile per mantenere le cure appropriate. Permettersi di rinunciare perché una tale cura ha un costo e perché sarebbe inutile lasciar vivere la persona umana rovinerebbe lo sforzo della nostra civiltà. La grandezza dell’umanità consiste nel considerare come inalienabile e inviolabile la dignità dei suoi membri, specialmente i più fragili. Le nostre aziende ben attrezzate sono organizzate in modo che le persone in situazioni “vegetative” siano accompagnate fino alla fine da strutture ospedaliere con personale competente. Le loro famiglie e amici hanno anche lo scopo di accompagnare uno di loro in una situazione del genere. La fiducia reciproca tra queste persone diverse è la base necessaria per un buon accompagnamento. Molti sperimentano che questo accompagnamento, pur essendo difficile, contribuisce a renderli più umani. Il dovere della società è di aiutarli. Preghiamo ancora e ti invitiamo a pregare affinché la nostra società francese non si impegni sulla via dell’eutanasia. Rendiamo grazie a Dio per coloro che sono testimoni quotidiani della grandezza di ogni essere umano che conduce alla fine della sua vita».
La Francia delle chiese vandalizzate e bruciate saprà ascoltare questo appello? Saprà inginocchiarsi di fronte alle lacrime di Notre Dame?
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