di Stefano Magni
su «La nuova Bussola Quotidiana»
Ai bambini e ai ragazzi delle scuole di Torino, da settembre, verrà imposta una dieta al 100% vegetale almeno una volta al mese nelle mense scolastiche. Un giorno al mese, il secondo venerdì. Non sarà per motivi religiosi, non è il venerdì di magro, che non si rispetta più neppure nelle scuole paritarie cattoliche. Sarà il veganesimo, nuova religione animalista, a ispirare la mossa del sindaco Chiara Appendino.
Il secondo venerdì di ogni mese sulle tavole delle scuole primarie torinesi verranno banditi non solo la carne, ma anche uova, burro, latticini e pesce. Al loro posto, penne al pomodoro, lenticchie in umido, insalata di carote, pane e ananas in inverno, mentre in estate verranno serviti riso e piselli, fagioli in insalata, insalata mista con carote e peperoni e mix di frutta di stagione. Unica eccezione: la possibilità di grattugiare un po’ di parmigiano. D’altra parte, i genitori torinesi ne erano consapevoli, quando votavano a maggioranza per la candidata del Movimento Cinque Stelle. In campagna elettorale, Chiara Appendino aveva giurato: "Promuoverò la dieta vegana come atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali."
Almeno, piace questa dieta vegana? I precedenti non danno adito a dubbi. I bambini tendono a buttare via la verdura, in massa. A Milano nel 2013, nel pieno dell’era Pisapia, si tentò la sperimentazione il 1 ottobre: un menu vegano, firmato dallo chef Pietro Leeman, per i bambini di materne, elementari e medie. Risultato? Portate rimandate indietro quasi al completo da quasi tutti i piccoli avventori involontari delle mense. A Firenze venne tentato un esperimento di menù per le scuole quasi vegano, con molte più verdure che carni, basati sulla tradizione locale. Risultato? Ribellione dei genitori, che si vedevano tornare i figli a digiuno.
A Bologna venne tentato l’esperimento vegano l'anno scorso. La Asl stessa espresse perplessità: "Condurre una dieta vegana non è una scelta salutistica, ma etica. Per un bambino in fase di crescita è una decisione molto complessa, senza le dovute precauzioni può esporlo a forti carenze nutrizionali", dichiarava in un’intervista rilasciata all’Huffington Post, Emilia Guberti, direttore del Servizio di Igiene Alimenti e Nutrizione dell’Azienda USL di Bologna. E aggiungeva, per essere ancor più esplicita: "Io personalmente non la raccomanderei. Condurre una dieta vegana per un bambino in fase di crescita è molto complesso, perché richiede un lavoro di bilanciamento molto accurato che può comportare mancanze nutrizionali. La dieta vegana a scuola è una delle possibilità proposte, ma resta il fatto che la dieta più salutare è quella standard, prevista dalle linee guida nazionali e regionali, che segue la piramide alimentare di tipo mediterraneo e in cui sono presenti tutte le componenti, comprese quelle di origine animale".
La dieta vegana imposta nelle scuole torinesi è una notizia che assume tinte ancor più opprimenti se la si legge assieme all’emendamento al disegno di legge 2037 sulla ristorazione collettiva, proposto proprio questa settimana. Questo emendamento dovrebbe porre fine alla “guerra del panino”, ingaggiata dai genitori degli scolari che preferiscono portarsi il pasto da casa, piuttosto che usufruire necessariamente di quello offerto dalla mensa scolastica. Un anno fa, proprio la Corte d’Appello di Torino aveva dato ragione alle associazioni dei genitori: la mensa scolastica è un’opportunità, non un obbligo, non si può impedire ai genitori di dare la “schiscetta” al figlio. Ma secondo la nuova proposta di legge, “i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche”. Quindi per educare i figli ad essere uguali a tutti gli altri, i genitori devono obbligatoriamente pagare i servizi offerti dalla mensa della scuola, devono accettare che mangino tutti nello stesso luogo, tutti agli stessi tavoli e tutti gli stessi piatti. Tutti uguali. E tutti vegani, nel caso di Torino. Per il bene dei figli, anche contro il parere dei genitori. Perché è solo lo Stato che decide, vaccina, educa e nutre i figli. Non la famiglia.