Il prezzo più pesante e salato della pandemia, delle misure di lockdown e delle chiusure scolastiche l’hanno pagato – e lo stanno in buona parte ancora pagando – le famiglie. Si tratta di una realtà non negata, anzi, ripetuta come un mantra da pressoché ogni forza politica, in Italia come pure all’estero. Peccato che a tale denuncia non sembrino seguire provvedimenti conseguenti, con l’amaro paradosso per cui la grande dimenticata dei piani post Covid (quelli da centinaia di miliardi di dollari e di euro) sia proprio…la famiglia.
Il caso più clamoroso, in proposito, è probabilmente quello americano. Il Presidente Joe Biden vuole rilanciare gli Stati Uniti, come noto, con un colossale piano da 1.800 miliardi. Ma se si vanno a leggere la pagine del suo American Families Plan non si può non notare una batteria di interventi davvero impressionante – assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, congedi retribuiti, estensione di crediti d’imposta, anni di college pagati – che però, attenzione, ha nella famiglia una grande assente.
Sì, perché nell’immenso piano americano manca un qualsivoglia passaggio dove si possa capire che cosa si debba esattamente intendere per famiglia; con il risultato che, pur a fronte di stanziamenti economici epocali, si contribuisce a diffondere quello che è a tutti gli effetti un vero e proprio relativismo degli affetti, tale per cui, ormai, un po’ tutto è famiglia con l’inevitabile sbocco che poi nulla, in realtà, sia davvero famiglia. Purtroppo non è finita qui.
Infatti, come ammonisce la saggezza popolare, se Atene piange, Sparta non ride; nel senso che se l’America dimentica la famiglia forse neppure senza rendersene conto, l’Europa non sembra fare di meglio. Basti pensare al pur poderoso Recovery Plan, che da un lato dovrebbe assicurare all’Italia una pioggia di miliardi di euro decisivi per ripartire ma, dall’altro, non si sofferma in modo specifico sulla famiglia. C’è di più.
Proprio in queste ore, da noi, è circolata una notizia assai amara per il mondo pro family e non solo, vale a dire quella per cui l’assegno unico e universale – diversamente da quanto ci si aspettava – non partirà a luglio nella sua forma definitiva, ma si dovrà attendere gennaio 2022 affinché la misura entri a regime, non è un fatto positivo. Anche rispetto a ciò, comprensibilmente, la delusione è parecchia, considerato da quanto tempo si aspetta una riforma dei sostegni per la famiglia, e soprattutto se si pensa che, tra i tanti benefit avviati in questi anni, l’unico a slittare è proprio quello che riguarda i figli.
Viene così davvero a materializzarsi in modo tristemente evidente quello che già si diceva, vale a dire il fatto che la famiglia è davvero la grande dimenticata dei piani post Covid, pur saturi di miliardi ma – vien da commentare – poveri di valori e, forse, anche un po’ miopi. Non c’è infatti ormai un demografo serio che osi negare che dall’inverno demografico – la “peste bianca”, come la definì, allarmato, uno studioso francese – non ci si riprende senza scommettere in modo convinto sulla «cellula fondamentale della società». E si dà pure il caso che in America la denatalità inizi a farsi sentire mentre, ancor prima della pandemia, l’Unione Europea era già l’area del pianeta col più basso tasso di fertilità, circa 1,5 figli per donna, nonché la più alta percentuale di popolazione ultra sessantaquattrenne.
Ne consegue come una politica che si dimentichi di questa profonda e strutturale emergenza non è, purtroppo, destinata a portarci lontano. Per questo, in attesa di capire quali davvero possano essere le fruttuose «lezioni della pandemia» – di cui spesso si parla, forse, con eccessivo ottimismo -, per ora si può escludere che il Covid abbia aperto gli occhi dei vertici istituzionali internazionali che, pianificando il futuro, per ora lasciano fuori dalla porta proprio la sola che non può che esserne protagonista, se non altro per ragioni di natalità. La famiglia, appunto.
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