Era un pastore protestante, Billy Kangas ma, come racconta lui stesso, quest’anno ricorre l’undicesimo anniversario della sua conversione al cattolicesimo, «la decisione più significativa della mia vita» la definisce. Ad influenzarlo in questa sua scelta sono stati semplicemente degli amici cattolici che vivevano a pieno la loro fede. «La loro testimonianza mi ha aiutato ad aprirmi ad uno degli aspetti più impegnativi del mio cammino: il Rosario», racconta. Insomma l’ex pastore ha cominciato proprio da uno degli aspetti più discussi del protestantesimo ad avvicinarsi alla Chiesa: il culto mariano.
Racconta di essere cresciuto in una famiglia luterana del Missouri nella quale gli è stato insegnato a diffidare della Chiesa cattolica. Inoltre, nella loro chiesa, spesso sottolineavano che il cattolicesimo aveva trasformato la grazia di Dio in qualcosa che poteva essere comprato o guadagnato: «Credevo che i cattolici fossero, nella migliore delle ipotesi, fuorviati e, nella peggiore, apertamente eretici». È stato alle scuole superiori che Kangas ha cominciato ad entrare in relazione con Dio, tuttavia, ogni aspetto della sua vita veniva mediato, come sottolinea, da uomini che avevano opinioni fortemente anticattoliche: «Mi hanno messo in guardia contro il cattolicesimo, descrivendolo come diabolico e profondamente problematico. Leggevamo libri sui pericoli del cattolicesimo e distribuivamo volantini biblici, alcuni di Jack Chick, che spesso condannava duramente i cattolici».
Ma ad abbattere il suo muro di diffidenza, più di ogni altra cosa, è stata la testimonianza diretta dei suoi conoscenti cattolici: «Nonostante ciò, la vita e la fede dei cattolici che conoscevo mi hanno fatto dubitare di parte di ciò che stavo ascoltando. Molte delle persone più riflessive e orientate alla fede che conoscevo erano cattoliche. Mi dicevo che erano cristiani nonostante il loro cattolicesimo, e per questo cominciavo a trovarmi strano». Finché un giorno un semplice gesto rappresentò l’inaspettata svolta. Viveva ad Ann Arbor, nel Michigan, dove partecipava all’annuale Fiera d’Arte che comprendeva stand in cui le varie organizzazioni potevano condividere la loro missione.
Tra i vari banconi delle diverse organizzazioni notò un grande tavolo bianco coperto di rosari, oggetto che lo metteva fortemente a disagio perché credeva che fosse il simbolo della preghiera «vana, ripetitiva e idolatra, poiché le persone pregavano Maria, non Dio». Eppure, era curioso. «Un uomo anziano seduto al tavolo mi ha offerto gratuitamente un rosario, che ho preso e mi sono messo in tasca. Più tardi quel giorno, ho buttato via la maggior parte degli oggetti che mi erano stati regalati alla Fiera d’Arte, ma non riuscivo a buttare via il rosario. Non ero sicuro di cosa farne. Sapevo che era uno strumento di preghiera, ma non mi sentivo a mio agio nel pregare l’Ave Maria. Facevo passeggiate in cui semplicemente tenevo i grani mentre pregavo. Mi piaceva perché dava concretezza alla preghiera».
Lo step successivo è stato il superamento del pregiudizio attraverso l’esperienza: «Dopo mesi così, ho finalmente deciso di provare a pregare un vero Rosario con le Ave Maria. Ho trovato un opuscolo su come pregare il Rosario e l’ho sfogliato. Cominciai a rendermi conto che il Rosario non era una preghiera a Maria, ma una preghiera con Maria su Gesù. Mentre riflettevo su ciascuno dei misteri, le preghiere mi hanno ricordato il grande amore di Maria per Gesù e il suo ruolo nella Sua vita». È stato quest’ultimo aspetto a riconciliarlo con la figura della Vergine che ha cominciato a vedere come l’esempio vivo di chi ha amato profondamente Gesù, cosa che lo ha portato a chiedere a Gesù stesso di renderlo più simile a Maria: «E alla fine ho creduto che Maria potesse pregare affinché anch’io diventassi più simile a Gesù».
Insomma, è stato proprio il Rosario – sul quale il Timone ha pubblicato un libro, con le meditazioni di padre Serafino Tognetti – a rappresentare la “crepa”, come la definisce lui, nella «corazza di sospetto» che aveva verso il cattolicesimo, rendendolo disposto a provare le cose che facevano i cattolici invece di temerle. «Alla fine, è stata la mia esperienza della profondità e della bellezza della spiritualità cattolica a rendere la mia conversione alla Chiesa cattolica un salto che ero pronto a fare – una bellezza che mi si è aperta attraverso la testimonianza di amici e sconosciuti, disposti a vivere la loro fede in modo aperto e invitante». (Fonte foto: Screenshot EWTN, YouTube)
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