Caso Orlandi: risvolti importanti. Ieri Alessandro Diddi, il promotore di Giustizia della Città del Vaticano – incaricato da papa Francesco per seguire questo caso -, ha ricevuto il fratello di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa nel giugno del 1983 a Roma. Un vero e proprio interrogatorio durato sette, secondo Adnkronos anche otto ore. L’incontro è stato chiesto da Pietro Orlandi per riportare le sue dichiarazioni e offrire le informazioni in suo possesso – preparate in precedenza insieme al suo legale, l’avvocato Laura Sgrò – nell’ambito del fascicolo aperto dal promotore di Giustizia Vaticano a gennaio di quest’anno.
Sembrerebbe quindi che il promotore di Giustizia non si sia limitato a ricevere le dichiarazioni che il fratello della ragazza scomparsa in qualità di testimone ha voluto consegnare, andando a raccogliere nuove informazioni su piste, nomi e possibili scenari. Da parte sua, Pietro Orlandi ha speso parole positive dopo l’interrogatorio: «Per la prima volta in 40 anni sono stato interrogato in maniera approfondita. Ho fatto i nomi delle persone che dovrebbero essere ascoltate».
Dalle sue dichiarazioni è emerso come abbia avuto la possibilità di parlare di molti aspetti, dalla trattativa, ai documenti sul trasferimento di Londra, dagli altissimi prelati coinvolti nella pedofilia, ai famosi screenshot ricevuti a suo dire da persone vicine al Papa: «Ho trovato molta disponibilità, il fatto stesso di avermi detto che l’incarico è arrivato direttamente dal Papa vuol dire qualcosa. Gli è stato detto di non fare sconti a nessuno e se ci sono delle responsabilità anche in alto quelle devono venire fuori. Ho lasciato una nota scritta facendo l’elenco delle persone che andrebbero ascoltate: il Cardinal Re, l’ex comandante della gendarmeria vaticana Giani, Pignatone».
Dal canto suo, il promotore Diddi – professionista di alto livello, penalista e docente di procedura penale – ha rilasciato il 10 aprile un’intervista al Corriere della Sera, intervistato da Ferruccio Pinotti, in cui ha dichiarato: «Mi hanno concesso massima libertà d’azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di «parresia» evangelica e tale approccio è ciò che più conta […] in pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni».
«Gli approfondimenti eseguiti dovranno emergere», ha aggiunto il giurista, «perché sono attività di indagine destinate a confluire integralmente nei fascicoli dell’Ufficio. Di questo anche le gerarchie vaticane sono pienamente consapevoli. Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione».
Un incarico oneroso e difficile quello del promotore, che ha da fare una premessa importante: «Tecnicamente, il mio team ed io non possiamo fare indagini in Italia, dobbiamo dunque limitarci ad operare in un fazzoletto di terra di mezzo chilometro quadrato: nell’ambito della mia competenza giudiziaria, godo di un’ampia autonomia, ma per le indagini sul suolo italiano devo necessariamente interfacciarmi con la Procura della Repubblica di Roma e col nuovo procuratore Francesco Lo Voi. In passato, per pregresse attività d’indagine, le relazioni tra le due rispettive Procure sono sempre state cordiali e i risultati proficui. In tale nuova fase, qualora vi saranno gli estremi, valuteremo la possibilità di inviare al Ministro Nordio, attraverso i preposti canali istituzionali, istanze rogatoriali chiedendo all’Autorità Giudiziaria italiana di compiere gli approfondimenti ritenuti necessari».
Piste nuove? Nuovi risvolti e scenari mai considerati? Sembrerebbe che, grazie anche alla Commissione parlamentare d’inchiesta italiana – e alla collaborazione proficua tra i due Stati –, si stiano perseguendo anche piste nuove e più ampie, che superino il ritornello “Banda della Magliana e Vaticano”: «Temo che il ruolo della Banda della Magliana nel caso Orlandi sia stato sopravvalutato, sebbene esistano alcune evidenze. La situazione, tuttavia, impone un inquadramento più ampio», queste le dichiarazioni di Diddi.
Ciò che rimane chiaro a tutti è che, comunque, il Vaticano sta facendo sul serio. «Papa Francesco persegue con tenacia la volontà di assoluta trasparenza, di ricerca della verità e di pulizia», ha infatti affermato il promotore della Giustizia. Lo stesso Pietro Orlandi si è detto positivo rispetto alla «volontà a fare chiarezza per quanto è possibile», ritenendo tutto questo momento molto importante «perché a qualcosa ora questo deve portare. Le cose che ho fatto verbalizzare ora devono per forza avere risposte».
Impossibile non fare riferimento alle dichiarazioni rimbalzate su tutti i canali relative all’audio shock su papa Giovanni Paolo II, che nella puntata su La7 “Di Martedì” tirerebbe in ballo lo stesso Santo Padre. «Non ho mai detto papa Giovanni Paolo II era un pedofilo, ma ho detto che è giusto indagare a 360 gradi. Io penso che nel 2023 non possono esserci persone intoccabili», ha dichiarato su questo Orlandi che sembra essere stato rasserenato dalle affermazioni del promotore Diddi: «Non saranno fatti sconti a nessuno».
Insomma, qualcosa in più rispetto alla miriade di prospettive e teorie che nel corso di questi quarant’anni si sono messe insieme. Spesso anche anticlericali e molto televisive. Basti pensare al film “La verità sta in cielo”, che inscena con estrema facilità una tesi precostituita e molto ideologica. Oppure al 2019, quando tutti i quotidiani hanno riportato la notizia sulle eventuali ossa ritrovate in Vaticano conferendone la certa appartenenza a Emanuela Orlandi – per giorni – ancor prima che se ne sapesse la datazione. Che poi è risultata essere tra il 90 e il 230 d.C., trasformando i fatti quasi in gossip da parrucchiera. In fondo si sa, l’anticlericalismo fa sempre notizia.
Lungi da noi difendere una parte e prendere posizione in quello che è un vero e proprio labirinto. Non spetta al Timone. Il nostro compito però è stare sulla notizia e la certezza è che, ad oggi, nessuno può escludere nuovi nomi, né si può tralasciare un aspetto che rimane cruciale: dal 22 giugno 1983, mentre la ragazza dopo le 19:00 rientrava a casa finita la sua lezione di musica, non ci sono state più notizie. Nessuna rivendicazione da parte di presunti rapitori è mai stata accompagnata da prove certe – perché tale non è neppure la voce fatta ascoltare nelle sue telefonate dall’ “l’Americano”, forse registrata in precedenza in occasione di un saggio – sul fatto che Emanuela fosse in vita dopo quel 22 giugno. La scomparsa della giovane potrebbe dunque essere responsabilità di soggetti finora mai attenzionati ed è quindi un bene sondare nuove piste d’indagine. (Fonte foto: Imagoeconomica)
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