Che le persone intorno a te, se sei donna, giovane o percepita tale, sposata o almeno accompagnata, si sentano in diritto di chiederti cose come «allora, quando lo fai un bambino?» non è una novità e la denuncia della bellissima modella australiana 32enne è in questo sicuramente condivisibile. Ha affidato al suo profilo Instagram, con 1,2 milioni di followers, le sue ragioni. Dimenticando però la sola obiezione che potrebbe polverizzarle tutte. I commenti contro la sua lista non si sono fatti aspettare, le rimostranze accalorate di moltissime madri che si sono giustamente offese o comunque sentite chiamate in causa si sono affollati sotto il suo post, credo però rinforzandola ancora di più nella sua battaglia di finta emancipazione femminile.
Perché se c’è una cosa che certa lotta per la liberazione della donna ha proprio perso per strada è la difesa della maternità e la sua vera comprensione, quella che poteva contribuire a toglierla alla riduzione a ufficio biologico obbligatorio per ogni donna, costretta ad eseguirlo e a trovare solo in quello, non importa come, la propria realizzazione. Sia chiaro, per milioni di donne, e già da secoli, non è stato e non è così, e sappiamo che il vero Innovatore è stato ed è Cristo, ma che ci sia ancora da fare per difenderla e promuoverla e con essa la nostra più profonda natura femminile è vero eccome.
La sollecita (e molesta) domanda sulla maternità inoltre può raggiungerti nelle sue infinite versioni, anche più creative e odiose della presente, soprattutto – strano a dirsi – se di figlio ne hai già almeno uno: «Allora, quando gliela fate una sorellina? e un fratellino?». Intanto la voce di contralto accompagna la suonata con il classico «non lo viziare, mi raccomando». “Gli altri” – che, non solo secondo Umberto Tozzi, siamo pur sempre noi – non sembrano mai paghi: se hai più di due figli allora probabilmente non hai la tv – ahahahah. Molto ridere – o, nella versione on demand, non ti spari maratone di serie sufficientemente lunghe; se sei oltre i 30 anni, come la donna in questione, devi darti da fare perché l’orologio biologico non sta mica ad aspettare te; e questo, va detto e anche accettato, è vero. Ma il bel tacer, si sa, non fu mai scritto.
Soprattutto se chi ci apostrofa non ci conosce, non ha nulla a che vedere con noi, non sa che storia abbiamo. E in ogni caso non è mica una gara. In molti, nutrizionisti autodidatti e cafoni per partito preso, si premureranno di notificarci che sì, sei effettivamente ingrassata un po’ troppo per essere al quinto mese, la pelle, come è cambiata, e i capelli che avevi da ragazza, cara mia, sognateli. Ti piace dormire? Cambia sport. Insomma, cara Ellie, in un certo senso hai pure ragione. E riguardo alla lista dei tuoi 117 motivi per cui non vuoi avere figli (possiamo azzardare la parafrasi: «Hai una paura matta di averne»?) se sei d’accordo potrei addirittura contribuire a completarla, lasciando il file condiviso e sempre in aggiornamento, non si sa mai.
Ecco qualche decina del tuo rosario di paure e di finte libertà:
Loro sono sotto la tua responsabilità fino al giorno della tua morte
La perdita dei capelli dopo il parto
(…)
I bambini possono ereditare traumi emotivi
Il mondo è già sovrappopolato
Vedrai tuo figlio crollare per le risorse già limitate (ad esempio lavoro, casa…)
Diventi la seconda priorità per il tuo partner
Tuo figlio può decidere di escluderti per qualsiasi motivo quando sarà più grande
Possono essere bullizzati
Possono essere dei bulli
Possono trasformarsi in serial killer o stupratori
Li vedrai crescere in un mondo di caos e stress ogni minuto di ogni giorno se stanno bene
I bambini possono essere ingrati
I bambini possono essere maleducati
I bambini possono essere ampiamente imbarazzanti
I terribili due
Non ci sarà mai una pausa dalla genitorialità
Rapida crescita dei capelli in gravidanza
Possono fare la cacca dentro di te in gravidanza
Gonfiore del corpo
Gonfiore del viso
(…)
Le vacanze sono più facili e più divertenti senza bambini
Volare può essere quasi impossibile con un bambino
Potresti strapparti durante il parto
(…)
Ti preoccuperai costantemente dei loro problemi
La loro sofferenza è la tua sofferenza
L’esistenza di predatori di bambini e il loro potenziale contatto con tuo figlio (…)
I medici faranno di tutto per far uscire il tuo bambino in sicurezza, ad esempio lacerando la tua vagina e potenzialmente l’ano per dare spazio alla testa del bambino
(…)
I bambini sono rumorosi
La gravidanza può causare il diabete
La gravidanza può causare l’ipertensione
(…)
Insomma, avere figli sembra la cosa più incompatibile con la vita che ci sia stata inflitta dal buon Dio. Ecco, forse, dove sta la questione. Non hai idea, temo, di chi ci, ti abbia offerto questo dono che hai deciso di rispedire al mittente e di farlo con un sacco di testimoni. È vero, quando diventi mamma non smetti mai di preoccuparti, a meno che tu non capisca e riscopra che tu per prima sei figlia; sei genitore finché la morte non ti chiude gli occhi, e a volte ti scoprirai segretamente a invocarla o se non lei almeno un suo surrogato, tipo coma farmacologico; il punto vita magari solo per un po’ perderà il suo disegno originario, ma con le corse che dovrai fare e l’insonnia protratta e il fatto che non mangerai seduta e con calma per chissà quanti pranzi e cene, potresti ritrovarti secca come nemmeno in seconda liceo, sul limitare della tua femminilità in piena fioritura.
Tuo marito? perché non si alza lui la notte a consolare il piccolo, a prenderlo in braccio, a rimettergli il ciuccio per poi al mattino, dopo stiracchiata e grattata d’ordinanza, sentenziare che «dai, stanotte è andata bene, no? Io non ho sentito niente». Ora, non so se su di te, cara Ellie dal vitino da vespa (ecco con quale “vita” sono forse non subito compatibili la gravidanza e la maternità) e il fisico statuario (tutta natura o aiuti chirurgici a supporto, non ha importanza ) hanno infierito anche i racconti di altre mamme – ma cosa ci succede a volte? – che hanno preferito costringerti alla visione almeno immaginata delle fasi più difficili della gravidanza, all’elenco di problemi tra i più insoliti e alla sequenza da panico del loro primo infinito travaglio terminato con episiotomia, manovre violente sulla pancia, indelicatezze varie di ostetriche che hanno sbagliato mestiere, dolori inenarrabili e post parto infiniti. Mettici pure lo svenimento del partner, se proprio cerchi l’effetto wow.
Non so se su di te e la possibilità strepitosa di diventare madre abbia pesato di più la narrazione così insistita e rilanciata da tutti i canali possibili di quanto questa sia contro la nostra libertà e la nostra realizzazione; o se sia solo la cara, vecchia paura di sacrificarsi e di perdere qualcosa di sé. Ecco, mi sento di rassicurarti: ti perderai, ti perderesti di sicuro. Ti dovresti davvero sacrificare e attingere a risorse fisiche, mentali e spirituali che credevi necessarie solo per scenari catastrofici, solo a ridosso dell’Apocalisse. Perché è di quello che si tratta, di un rivolgimento, di uno svelamento, della scoperta di sé come altrimenti, forse, non ti sarebbe mai possibile.
E’ bello diventare madri, bello di una bellezza che toglie il fiato e spacca gli argini; è anche terribile, in senso etimologico, perché fa spavento, almeno lì per lì e poi anche nei tanti modi che elenchi tu, ancora alla finestra. Perché sono sicura sicura che, in caso vi capitasse di diventare genitori, tu e tuo marito che dici di amare e al quale sei legata da 15 anni, vi ritrovereste catapultati in un film mai visto e, azzardo, diventereste anche voi quei genitori totalmente rapiti dalla bellezza straripante di ritrovarsi tra le braccia una persona tutta nuova, innocente, bellissima e dipendente da voi.
Un esserino che vi assomiglia e vi sorprende, e non smettereste di raccontare a tutti ogni sua prodezza, ogni meraviglia dei suoi progressi. Io verrei a vederlo il video dei suoi primi passi, mi emozionerei di nuovo per la prima parola, mi farebbe sorridere vedervi così presi e orgogliosi di quanto sia un prodigio ogni sua smorfia (sembrereste cringe, è inevitabile. Ma chi se ne importa?) La maternità per una donna è la via maestra, è vero, non l’unica, per compiersi, per scoprire di sé cose che altrimenti chissà dove resterebbero nascoste.
È una strada diretta non per il benessere che forse in tanti siamo tentati di barattare per ciò che davvero ci serve, il compimento della nostra vocazione, unica via per la felicità. È felici che vogliamo essere e non semplicemente in uno stato di vago godimento e di piacevolezza. E per essere felici dobbiamo compierci, per compierci ci tocca uscire da noi, offrirci, donarci. Persino iniziare a marcire, come fa un seme. Perché senza una prospettiva di eternità restiamo intrappolati in noi stessi, nel nostro egoismo senza contrappesi. Una prospettiva di eternità che non necessariamente deve essere inserita nella meravigliosa e pienamente vera visione cristiana, basta anche solo quella che la natura tende a suggerirci e lo fa in modo particolarmente nitido proprio quando ci nasce un figlio.
E’ davanti a quelle manine cicciotte, a quei piedini con le dita che sembrano delle zigulì, a quella bocca disegnata, alle braccine corte che non supereranno la testa per un bel po’ di tempo, che sentiamo esplodere in noi un grido d’amore intero e impotente che ci fa dire «tu non puoi morire!». Hai ragione, cara Ellie, il figlio in qualche modo ti richiede tutto, ma ti insegna anche a restare figlia, a scoprire che non sei tu a dover rispondere alla sua sete, uguale identica alla tua. Hai ragione, può diventare qualsiasi cosa, un figlio, persino la peggiore.
Come te, del resto; perché siamo liberi e pure malaticci, ce lo ricorda tanto la cronaca quanto, se siamo onesti, la nostra stessa coscienza: possiamo scegliere il male, possiamo addirittura arrivare a compiacercene. Eppure non per questo il mondo è quel posto sovrappopolato (lo sai che il vero problema è il gelo demografico o ti è completamente sfuggita la notizia?), caotico, pieno di inquinamento e destinato all’autodistruzione che descrivi. E se per assurdo dovesse proprio andarci tanto, tanto male, se davvero come famiglia umana intestardita nella nostra sete di dominio dovessimo dare fondo in maniera irresponsabile a tutte le meraviglie che il Creato ci offre, e se il Creatore, a scopo pedagogico, ci lasciasse un po’ troppo in balia di noi stessi, non cambierebbe nella sostanza alcunché: siamo fatti per vivere in eterno, amare, essere amati, magari contribuire a portare gente in Paradiso. Ed essere madri, e prima ancora mogli, te lo assicuro, è tra i modi migliori per contribuire allo spettacolo. (Fonte foto: Screenshot Ben Adams -Instagram –)
Potrebbe interessarti anche