Sarà ancora ballottaggio fra l’attuale presidente, Emmanuel Macron, e la candidata del Rassemblement Nationale, Marine Le Pen. I risultati del primo turno delle presidenziali francesi, celebrato ieri, collocano Macron al 27,3% e la Le Pen al 23,4%, al terzo posto il candidato di sinistra, Jean Luc Melenchon, intorno al 21%, e poi, staccati, il sovranista Eric Zemmour al 7% e la repubblicana Valérie Pécresse con un 4,8%. Il vecchio partito socialista non va oltre l’1,9% di Anne Hidalgo. La sconfitta di repubblicani e socialisti, i due protagonisti tradizionali della politica francese, è cocente. L’astensione veleggia verso il 25%. Questo è il quadro del primo turno delle presidenziali e così si attende un altro ballottaggio Macron-Le Pen come nel 2017. Nessuna particolare sorpresa dalle urne d’oltralpe, tutto rimandato al 24 aprile, mentre Melenchon ha già chiesto di votare Macron e Zemmour per Le Pen. Un sondaggio Ifop svolto ieri mette i due contendenti al ballottaggio in un fazzoletto, leggero vantaggio concesso a Emmanuel Macron dato al 51% contro un 49% attribuito alla Le Pen, la battaglia probabilmente si deciderà sulla destinazione dei voti del candidato di sinistra Melenchon. Il 20 aprile si svolgerà il consueto faccia a faccia televisivo.
Il direttore dell’Ifop, Jerome Fourquet, ha dichiarato a Le Figaro che il risultato delle elezioni presidenziali conferma la ricomposizione politica della Francia, invece, della vecchia divisione destra-sinistra, continua a crescere una divisione tra la Francia dall’alto, tendenzialmente rappresentata da Macron, e la Francia dal basso, più orientata verso la Le Pen.
Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione di lavoro di un passaggio dell’intervento di monsignor Eric de Moulins Beaufort, arcivescovo di Reims, rieletto capo dei vescovi francesi lo scorso 7 aprile, si tratta di una valutazione di carattere generale rivolta agli elettori cattolici, ma utile a tutti:
«La posta in gioco è alta, l’esito incerto. Ma questa domenica per noi è soprattutto la domenica delle Palme. Tutti noi battezzati acclameremo il Signore che entra in Gerusalemme. Egli è il Re, il Signore delle nostre anime. Lui solo è degno che gli affidiamo la nostra libertà. Lui solo è il re mite e umile, che cavalca un asino. Davanti a lui tutto il potere politico si trova relativizzato, non umiliato, non detronizzato, ma messo al suo posto. Domenica non eleggeremo un salvatore della Francia, né un messia, né qualcuno che dovrebbe incarnare tutto il bene da fare. Dovremo scegliere un leader politico, uomo o donna, quello che dovrà guidare il nostro Paese nei tempi ancora incerti in cui l’umanità avanza, in questi tempi particolarmente incerti di fratture sociali, crisi sanitaria, crisi ecologica, guerra. Non avrà la soluzione a tutto, non potrà impedire ogni immigrazione, non potrà inventare energia infinitamente rinnovabile, trasportabile, efficiente. Né sarà in grado di cambiare i cuori. Dovrà condurre tutti noi, sulla via meno brutta possibile, cercando, secondo quanto raccomanda il testo del Consiglio permanente in merito alle elezioni, cercando di rafforzare il nostro slancio collettivo per scegliere di vivere insieme in pace. Vivere questo non è stabilire il Regno dei Cieli, è simbolizzarlo, ed è già orientarsi, che lo si sappia o no, che lo si voglia o no, verso la riconciliazione in Dio».
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