Il mese di luglio vede l’entrata in vigore (retrodatata alla Pasqua) e la diffusione del Libro delle Vigilie della Santa Chiesa di Milano (Liber vigiliarum Sanctae Ecclesiae Mediolanensis), con il quale si arricchisce ulteriormente il novero dei libri liturgici ambrosiani.
In un precedente articolo avevamo segnalato come i riti vigiliari introdotti o restaurati nel 2008 con il nuovo Lezionario non avessero un corrispettivo nel Messale Ambrosiano corrente, poiché ricalcano due concezioni antitetiche dell’anno liturgico. L’una, il Messale, che vuole preservare la preminenza dei cicli natalizio e pasquale e della Messa ordinaria nella sua “nudità”, l’altra, il Lezionario, che elimina l’idea stessa di “tempo forte” (il vecchio Tempo ordinario ha però sempre rifiutato l’etichetta di “tempo debole”), riprende i titoli antichi (es. VI domenica dopo Pentecoste) e, soprattutto, sottolinea maggiormente il carattere specifico delle vigilie, anche per quanto riguarda il sabato.
Momenti della celebrazione come l’annuncio della Risurrezione ogni sabato sera erano dal 2009 aggiunti ai sussidi per i fedeli, ma non erano ancora stati canonizzati in nessun libro specifico, neppure il Lezionario, che si limitava a riportare solo la pagina di Vangelo o le letture da utilizzare nelle vigilie. Ecco quindi la necessità di un’opera che porgesse al celebrante le rubriche “mancanti”.
Nel libro i sacerdoti troveranno anche una forma II ad libitum, senza vesperi, per l’ingresso nella Messa del sabato sera, secondo quanto richiesto durante il “sinodino” del maggio 2013. Già ora, in molte parrocchie, si procede solo alla lettura del Vangelo di Risurrezione, a cui segue direttamente il canto del Gloria. A differenza della pericope evangelica della Messa, il Vangelo di Risurrezione, che fa parte dei riti introduttivi alla celebrazione, si legge sempre dalla mensa dell’altare, come il Sabato Santo.
Il Libro delle Vigilie risolve il problema pastorale, ma non sopisce ovviamente tutte le perplessità suscitate dal Lezionario e dai suoi derivati in questi anni. Il pericolo, ora, è che il Libro delle Vigilie diventi un po’ come l’appendice dei messali ambrosiani post-tridentini, nella quale si riportavano tutti i passaggi delle grandi vigilie ereditate dal Medioevo (Natale, Epifania, Pasqua, Pentecoste), ma veniva aperta, nelle parrocchie, solamente per leggere la benedizione degli ulivi la Domenica delle Palme ed il Preconio con le profezie (il Messale del 1976 riporta, fortunatamente, la Veglia pasquale in maniera integrale nella sezione riguardante il Triduo).
Il rischio è reale, come si poteva constatare in una prevostura di mia conoscenza la Vigilia del Natale 2015, dove si scelse di tagliare le 4 letture prescritte per venire incontro ai bambini presenti. La liturgia è opera anzitutto di Dio. Non può diventare espressione esclusiva dei gusti degli esperti, ma allo stesso tempo va preservata dalle pretese riduzioniste, spesso giustificate con criteri pesudo-pastorali.
Proprio per questo le novità in campo liturgico, in arrivo entro la fine dell’anno, potrebbero essere ancora più sensibili di questo libro, disponibile dall’11 luglio. Durante una conferenza in Inghilterra il prefetto del Culto divino, card. Robert Sarah, ha annunciato, con il pieno consenso di Papa Francesco, che si sta seriamente pensando di tornare a celebrare versus Orientem la liturgia eucaristica, all’offertorio in poi, già con l’Avvento 2016, e lo ha fin da ora suggerito a tutti i sacerdoti.
Molte chiese, anche ambrosiane, hanno dopo il 1970 sensibilmente modificato il proprio presbiterio, per non parlare degli edifici costruiti ex-novo. Tuttavia, la prescrizione vuole recuperare un orientamento comune dei fedeli e del presbiterio nella preghiera, che oggettivamente è venuto a mancare con l’instaurarsi della posizione frontale del celebrante rispetto alla navata. Nel nostro Duomo alcune parti della liturgia delle Ore vengono abitualmente celebrate ad Orientem, come il canto delle antifone ad crucem (cioè verso la croce dell’altare) nelle maggiori solennità. Se effettivamente si procederà al cambiamento in tutto l’orbe cattolico, sarà un passo verso la “riforma della riforma”, sognata da Benedetto XVI, molto più rilevante del famoso motu proprio del 2007 sulla Messa in latino, poiché toccherà la prassi osservabile dalla maggior parte dei fedeli.