Sta facendo scalpore in queste ore la proposta di legge rilanciata da Fratelli d’Italia relativa alla sepoltura dei feti. Ad annunciarla per primo è stato il senatore veneto Luca De Carlo, il quale ha candidamente affermato: «Se a qualcuno sembra normale che una vita venga smaltita come un rifiuto speciale, a me no. Io credo che sia vita pure sotto le 28 settimane». Il fuoco incrociato, inaudito, alzatosi da una sinistra ad alto tasso di aggressività, potrebbe essere oggetto di un interessante studio sociologico.
Apre le danze Sandra Zampa (ex parlamentare piddina, oggi Responsabile della comunicazione del Ministero della Salute e da sempre vicina allo storico progressista Alberto Melloni): «Chiedo a Giorgia Meloni, che si autoproclama mamma donna e cristiana: vuoi una legge che imponga la sepoltura dei feti con croci e nomi come propongono esponenti di Fratelli d’Italia? Se sei d’accordo devi dirlo alle donne italiane prima del 25 settembre. Hai il dovere di dirlo».
Il dito puntato che si materializza dal suo tweet si ripresenta pari pari in quello di Cecilia D’Elia, responsabile delle Pari Opportunità nella segreteria del Pd e portavoce della “Conferenza delle donne democratiche”: «Sanno che non possono abrogare la #194 si accaniscono contro le donne. È un’ossessione, FDI promette la sepoltura dei feti, anche senza consenso. Obiettivi: criminalizzare chi abortisce. Nessun rispetto per le donne e le loro scelte. Non consentiremo questo orrore». Testuale. Registriamo intanto l’interessante paradosso per cui se da un lato il feto è “un grumo di cellule”, dall’altro seppellirlo è un “orrore”.
E IL NESSO LOGICO?
Continuando la rassegna delle arrabbiate croniche, va citata la radicale Ilaria Donatio, di +Europa (già autrice di Opus Gay), per la quale la destra italiana è «autoritarismo, misoginia e pensiero retrogrado che sarebbe stato considerato oscurantista perfino nell’800». Non poteva mancare, ovviamente, il monito di Monica Cirinnà: «A parole dicono di voler preservare la legge 194, ma, giorno dopo giorno, proposta dopo proposta, rendono evidente una cultura profondamente illiberale e contraria all’autonomia femminile».
Più si libra lontani dalla realtà, più a sinistra si fa gruppo. Ecco allora che di «macabra ossessione» parla anche il 5 stelle Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia. Mentre Stefano Fassina (Leu) giudica la proposta addirittura «aberrante». Lo stesso Enrico Letta, dopo una vaga e un po’ comica messa in guardia («Non fermiamoci al fatto che la Meloni è donna») aggiunge che la proposta sulla sepoltura dei feti «mostra un atteggiamento aggressivo nei confronti delle scelte delle donne». In questa surreale levata di scudi non ci si può non domandare dove stia, precisamente, il fortissimo nesso logico tra la “criminalizzazione” della donna e conservare umana pietà per una creatura.
LA SAGGEZZA DI MASSIMO GANDOLFINI
Il prof. Massimo Gandolfini, ormai abituato a tutto, cerca di far tornare tutti sulla terra, e in un comunicato stampa scrive: «La sepoltura dei bambini abortiti è un atto di civiltà perché tutti sanno benissimo che anche sotto le 28 settimane un feto è completamente formato». Il direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Poliambulanza di Brescia e presidente del Family Day osa ricordare ciò che della 194 è tabù: «Trattare il feto come materiale organico di scarto aggiunge solo brutalità ad una pratica, l’aborto, che la stessa legge 194 chiede di evitare in tutti i modi rimuovendo le cause che impediscono alla donna di portare a termine la gravidanza».
C’è poi la sua puntualizzazione sui nomi delle madri, capace da sola di smontare quintali di tweet isterici: «La sepoltura proposta dal Progetto di legge», spiega il neurochirurgo bresciano, «non lede la dignità della donna; infatti nessun riferimento alla madre, già costretta a vivere questo dramma, sarebbe ovviamente presente sul luogo della sepoltura». La conclusione a cui giunge il prof. Gandolfini (che da queste parti continuiamo a vedere bene come Presidente della Repubblica) è difficilmente attaccabile: «Nessuna civiltà fino ad oggi ha mai negato il riconoscimento della dignità di un bambino non nato. Oggi invece, nel nome di una strumentale e non meglio specificata “difesa dei diritti”, scatta l’isterismo del mainstream progressista non appena sia riconosciuto il valore intrinseco di ogni vita umana». Nulla da aggiungere.
CHE VI HANNO FATTO I NASCITURI?
Per inquadrare il problema in tutta la sua (filosofica) gravità, bisogna però fare un passo di lato: non solo la sepoltura, ma anche la stessa cura dei piccolissimi è da sempre percepita come un fastidio da parte di una certa parte politica, come se per i neonati valesse uno “statuto” speciale diverso da quello vigente per gli altri. Carlo Valerio Bellieni, noto accademico esperto in neonatologia, si è chiesto: «Perché solo per i neonati […] si pensa che intervenire e curare possa costituire accanimento terapeutico, se costoro hanno le stesse chances di un adulto colpito da ictus (che nessuno si sognerebbe di non curare)?». Riportando uno studio tedesco che valutava, dopo 5 anni dalla nascita, la salute di prematuri nati a 23-25 settimane dal concepimento, dati alla mano Bellieni ha affermato: «Ne sono sopravvissuti 70 su 91, e il 57% poteva andare a scuola regolarmente. Vi sembra accanimento terapeutico curare con queste prospettive?».
LA FRASE SHOCK DI LIVIA TURCO (MINISTRO)
Il fosco disegno si può vedere ancora meglio se agli assunti del neonatologo Bellieni si aggiunge un altro tassello. Nel febbraio 2008 le cliniche universitarie di Roma stilarono un documento in cui si affermava che «un neonato vitale, pur in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio». Bene, esattamente il giorno successivo l’allora Ministro della Salute piddina Livia Turco (la “madrina” di personaggi quali Zampa, D’Elia, Donatio, Cirinnà) arrivò a parlare di «crudeltà insensata» a proposito della rianimazione dei piccoli senza il permesso della madre (per Giuliano Ferrara fu la goccia che fece traboccare il vaso e che lo portò a presentare alle elezioni la lista “Aborto? No grazie”).
Le parole del ministro Livia Turco, perfetto prologo delle querelle in corso, ancora oggi fanno accapponare la pelle. Le riportiamo integralmente prendendole da Repubblica del 4 febbraio 2008 (certi che l’intervistatrice neanche si è accorta della sorta di Protocollo di Groningen buttato lì dal ministro); eccole: «È una crudeltà insensata voler rianimare un feto contro la volontà della madre». Morale della favola? Per la sinistra i nascituri, se vivi, dovrebbero essere lasciati morire; se morti, non dovrebbero essere seppelliti. Orrore, ma sul serio.
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