É la «tragedia delle buone intenzioni». La definisce così l’ Economist che dedica un’ intera copertina per denunciare l’errore madornale dell’America sulla medicina di genere. La nota testata progressista che è e resta tale e infatti condivide le critiche ai governatori repubblicani che stanno rendendo impossibile il “cambio di sesso tra i minori”, denuncia, tuttavia, la leggerezza della scienza nel valutare gli effetti collaterali della medicina di genere: «La scienza medica non dovrebbe funzionare in questo modo. I trattamenti dovrebbero essere supportati da un numero crescente di prove ben studiate che soppesano i rischi e i benefici dell’intervento», afferma, rilevando le prove di bassa qualità a sostegno dell’approccio affermativo di genere.
Più precisamente, l’ Economist sostiene che «le prove a sostegno delle transizioni di genere medicalizzate negli adolescenti sono preoccupantemente deboli» e che, con riferimento ai bloccanti della pubertà, «l’efficacia e gli effetti collaterali dei trattamenti più comuni non sono ben compresi». Ancora, il giornale parla apertamente di «tragedia delle buone intenzioni», quella dei «troppi medici che hanno sospeso il loro giudizio professionale», sposando il modello affermativo di genere sui minori in assenza di prove.
Peraltro riporta l’incredibile boom di “trans pentiti”, di cui parla anche Il Timone nel numero di aprile della nostra rivista, alla quale vi invitiamo ad abbonarvi, come una delle prove più eclatanti di come, in questo delicatissimo campo, la medicina si sia fatta scavalcare dall’ideologia. I dati riportati dall’Economist sono impressionanti: oltre 42.000 nuove diagnosi di disforia di genere nel 2021, tre volte in più rispetto al 2017. Peraltro l’approccio affermativo di genere, sui minori, prevede la somministrazione di farmaci bloccanti della pubertà e successivamente degli ormoni “cross sex” (testosterone nelle ragazze ed estrogeni nei ragazzi). In alcuni casi possono essere eseguite anche mastectomie e, anche se molto raramente, persino un trattamento così definitivo come la ricostruzione dei genitali.
Questo protocollo è supportato niente meno che dall’ American Academy Pediatrics e dalla maggior parte dei principali enti medici del Paese. Invece contro l’approccio affermativo di genere nei minori, sostiene l’Economist, si sono schierati i sistemi sanitari di Gran Bretagna, Finlandia, Francia, Norvegia e Svezia, che hanno tutti lanciato l’allarme, definendo i trattamenti come “sperimentali” e invitando i dottori a procedere con «grande cautela medica». Vi è, infatti, una preoccupazione crescente diffusa, in merito alla leggerezza con cui viene offerta questo tipo di assistenza agli adolescenti, al punto che, in molti casi, i danni supererebbero i benefici.
Infatti un’accurata analisi delle prove cliniche condotta nel 2020 in Gran Bretagna ha rilevato che, in questo campo, gli studi risultavano essere di scarsa qualità. Alla stessa conclusione sono giunte anche la Svezia e la Norvegia. Al contrario, in passato, alcuni studi avevano dimostrato che la disforia di genere era un disturbo che molto spesso tendeva a scomparire da solo, col tempo, nei bambini e negli adolescenti. Peraltro, gli effetti a lungo termine dei bloccanti della pubertà rimangono sconosciuti sebbene si pensa che possano risultare nocivi per lo sviluppo del cervello e la diminuzione della densità ossea. (Foto: cover Economist/Pexels.com)
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