Il Risveglio di fede sbocciato improvvisamente alla Asbury University di Wilmore, nel Kentucky (di cui il Timone si è occupato qui), continua a far parlare di sé, specie dopo aver “contagiato” molti altri campus universitari, dal Tennessee all’Alabama, dal Texas alla Virginia. Mentre l’arcivescovo di New York Timothy Dolan parla di «notizia straordinariamente buona», invitando tutti a entrare nella Quaresima «con lo spirito dei ragazzi di Wilmore», un inaspettato editoriale del New York Times ammette che «per un rinnovamento del cristianesimo americano, la preparazione di piani – dalle strategie pastorali ai dibattiti teologici – potrebbe avere molta meno importanza di ciò che accade di sorpresa in qualche luogo sconosciuto». Per tentare di comprendere una rinascita spirituale che vede come assoluti protagonisti coraggiosi universitari, il Timone ha incontrato Salvatore Martinez, Presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS) e già consultore di tre Dicasteri Pontifici.
Martinez, gli studenti dell’Università di Asbury hanno vissuto una potente e spontanea effusione di Spirito Santo, ciò ha portato l’opinione pubblica americana a interrogarsi seriamente sugli eventi. Che può dirci a riguardo? «Partirei dal fatto che gli Stati Uniti vivono un tempo di profonda crisi spirituale, non meno di ciò che accade in Europa, dove va anche peggio! Il punto è che quando si è in recessione, in “siccità spirituale”, lo Spirito Santo non è mai in crisi e le sue risposte s’impongono ai nostri sensi delusi e malati, come accadde a Emmaus nella vita di discepoli confusi dopo la morte di Gesù.
Come vanno intesi questi fenomeni di “risveglio della fede”? «Vanno compresi dentro le “ondate” che la storia ha sempre portato con sé e di cui il Novecento è stato testimone come pochi altri secoli, con l’avvento del neo pentecostalismo carismatico nelle tre grandi tradizioni cristiane; in quella cattolica anche grazie a tanti luoghi mariani. Nella logica dello Spirito ci sarebbe da sorprendersi dal contrario: proprio quando il peccato abbonda, sovrabbonda la grazia».
I media americani, dal New York Times al Washington Post, hanno dato ampio risalto ai fatti di Wilmore, quelli europei invece lo hanno ignorato. Come se lo spiega? «In effetti sui media americani l’onda è passata con grande rispetto e giusta enfasi: pur con accenti diversi, nessun giornale e nessuna televisione hanno avversato i fatti accaduti ad Asbury. Ciò riflette una “libertà spirituale” che in Europa si è perduta sotto i colpi di un razionalismo che spesso sconfina nell’ateismo. Che l’ex vicepresidente cattolico degli Usa Mike Pence si lanci con entusiasmo, scrivendo che “è meraviglioso che la vita di questi giovani venga toccata e cambiata dal Signore”, da noi è semplicemente impensabile».
Se è per questo anche Dolan, arcivescovo di New York, si è detto entusiasta del risveglio di Asbury. «Il cardinale Dolan ha pubblicamente sottolineato la dimensione profetica dei fatti occorsi ad Asbury, affermando la sovranità dello Spirito Santo che si risveglia non in un luogo, in un’università, in una chiesa o nei capi religiosi, ma nei cuori! E ciò avviene proprio all’inizio della Quaresima, tempo forte in cui la Chiesa chiede di rientrare in noi stessi, di riconoscere che siamo peccatori bisognosi di un ritorno a Dio, di una nuova conversione. E pertanto, il Cardinale dichiara tutto questo facendosi intervistare con la cenere ben visibile sulla fronte (e non sul capo, dove si appone il mercoledì delle ceneri). Non a caso, nel Vangelo di Giovanni 16,13 si legge: “Quando verrà lo Spirito vi convincerà quanto al peccato”. Ogni effusione dello Spirito, come nell’evento storico di Pentecoste, si accompagna sempre a conversione».
Perché secondo lei l’Europa fa così fatica a stupirsi dei frutti dello Spirito? «Di fronte a una piccola cittadina di 6.000 abitanti che, d’improvviso, ne ospita 70.000 e che si trasforma in un luogo di preghiera incessante, giorno e notte, per 16 giorni; ad un’Università tra le più piccole degli Usa dove normalissimi giovani come tanti altri diventano protagonisti di gesti di riconciliazione, sperimentano guarigioni interiori e sono usati dallo Spirito per fare esperimentare i “segni” del Suo passaggio; a migliaia di persone che sentono toccarsi il cuore dall’amore di Dio e ritornano a Dio, ebbene, come non stupirsi e gioire? Questo è esattamente il “Magistero dello Spirito Santo”, quando è lo Spirito a sorprenderci, operando ciò che noi non abbiamo pianificato o provocato, senza capi, senza finanziatori, senza propagandisti».
Va aggiunto che a Wilmore la protagonista è quella “Generazione Z” che il New York Times ha definito come la «meno religiosa della storia degli Stati Uniti». «Sì, e certamente del mondo intero, non solo degli Usa! Giovani universitari che hanno manifestato un senso di responsabilità encomiabile, che hanno lavorato con grande maturità, per evitare ogni forma di strumentalizzazione di quanto avveniva sotto i loro occhi, senza prestarsi a spettacolarizzazioni pubblicitarie. Non hanno voluto che entrassero né le bandiere, né le telecamere, convinti che quello nato fosse un fenomeno spirituale e tale dovesse rimanere. Giovani che non si sono lasciati tentare dal potere, a differenza di coloro che, spesso, proprio nelle vesti di “leader spirituali”, si servono di fenomeni di risveglio come questo per frantumare ancora più le chiese».
[Giovani in preghiera alla Asbury University di Wilmore, Kentucky]
Sta dicendo che i recenti movimenti di risveglio sono più autentici, più “puri”? «Certamente sono anche un elemento di discernimento importante per valutare questi fenomeni. Il ‘900 di risvegli pentecostali ne ha conosciuti tanti, pensiamo solo al Rinnovamento carismatico del ’67, sempre in ambiente universitario, a Duquesne – Pittsburgh, e con giovani studenti. Un movimento “spontaneo”, che in soli vent’anni dalla sua sorprendente nascita ha toccato quasi 100 milioni di cattolici nel mondo, senza fondatori o propagandatori. Come oggi anche allora non c’era mano d’uomo. L’evento di Asbury e la testimonianza degli universitari li pone in perfetta sintonia con quelli che storicamente sono stati i fenomeni di risveglio pentecostali-carismatici».
Trova delle analogie tra quanto sta accadendo oggi a Wilmore e in altri campus americani e il grande risveglio di Pittsburgh del 1967? «Ho sentito amici pastori, vescovi e le modalità sono le stesse. Del resto, gli stessi studenti che nel ’67 diedero vita al Rinnovamento Carismatico – cari amici, ancora tutti in vita – non si percepirono affatto come dei fondatori. Erano universitari andati in cappella per una preghiera di adorazione con i loro insegnanti, esattamente come i giovani della Asbury University, e si sono ritrovati “travolti” dallo Spirito mentre vivevamo momenti di adorazione, accompagnati dalle stesse manifestazioni carismatiche».
Ci spiega il fenomeno del “contagio spirituale” attraverso cui queste manifestazioni carismatiche si propagano? «Se si legge il primo libro di Samuele 10, 5-6, si comprende bene che i carismi sono per loro natura “contagiosi”; è un tratto distintivo dello Spirito: Saul, per volontà di Dio, si unisce a un gruppo di profeti, in atto di fare i profeti, e da quel momento diviene anch’egli profeta per il popolo. Anche san Giovanni Paolo II, il 30 maggio del 1998, in Piazza San Pietro, in occasione di quella che è passata alla storia come “la Pentecoste dei Movimenti”, ebbe a dire: “I carismi sono per loro natura comunicativi e sono una risposta provvidenziale dello Spirito ai bisogni del nostro tempo”. Ecco perché in tanti si sono riversati in massa nella cittadina del Kentucky; non lo hanno fatto certo solo per assistere a un evento, ma per esperimentare i benefici, una nuova presenza di Dio ed essere trasformati interiormente».
Non pochi teologi sostengono che questi risvegli abbiano anche un valore ecumenico. È così? «Sono fenomeni che abbracciano trasversalmente le tre grandi tradizioni cristiane con tutte le loro diverse denominazioni, avendo anche la grande forza di guarire le relazioni, perché nello Spirito non c’è divisione. Una è la fede, uno è il battesimo come uno è lo Spirito. In Gesù siamo stati capaci di dividerci, ma nello Spirito Santo possiamo ritrovare riconciliazione e unità. È quello che chiamiamo “ecumenismo spirituale”, molto caro anche a Papa Francesco, in cui il primato non è delle istituzioni, delle sigle, delle culture teologiche, ma è dello Spirito. Si lascia che sia lo Spirito a operare in profondità, superando lo status quo e le apparenze».
Come fare a restituire il primato allo Spirito? «Certamente non stando solo seduti ad un tavolo a fare disquisizioni o a redigere i pur necessari accordi, ma, ad esempio, entrando nell’atteggiamento dei ragazzi di Asbury, che con semplicità e radicalità adorano Dio, si pongono umilmente dinanzi alla Sua potenza, la invocano e ne fanno esperienza. Quando la Chiesa si pone con questa umiltà di fede, allora i fenomeni di risveglio non tardano a verificarsi, anche all’interno delle istituzioni».
Si riferisce alla nascita dei Movimenti ecclesiali? «Sì, questa è spesso la logica sorgiva di tanti Movimenti e Nuove Comunità Carismatiche sorte nella Chiesa Cattolica nel post Concilio: si pensi, solo per citare tre importanti Paesi, a quanto è avvenuto in Italia, in Francia, in Brasile all’interno della grande “costellazione spirituale” che è il Movimento del Rinnovamento».
Paolo VI aveva parlato del Rinnovamento carismatico come «una chance per la chiesa e per il mondo». Dobbiamo considerarla una “profezia”? «La frase, pronunciata il 19 maggio del 75, all’indomani della Solennità della Pentecoste, deve leggersi dentro ciò che è poi storicamente accaduto. Con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha registrato tante forme di “rinnovamento”: ecumenico, biblico, liturgico, tutte promanazioni dell’autorità ecclesiastica».
Mancava il Rinnovamento carismatico. «Esatto. Il Rinnovamento carismatico o nello Spirito, è stata l’unica forma di rinnovamento “dal basso”, provocata direttamente dallo Spirito senza mediazioni istituzionali, per rinnovare le stesse istituzioni come una “corrente di grazia” che, ovunque arriva, crea risveglio e nuovo dinamismo spirituale. Lumen Gentium auspicava il ritorno dei carismi e Apostolicam Actuositatem un nuovo impegno dei “laici associati” proprio in forza dei carismi. Come dimenticare che tanto san Paolo VI che san Giovanni XXIII invocarono per la Chiesa “una nuova Pentecoste, che fosse causa di un’abbondante elargizione di carismi”. Ecco, il Rinnovamento può considerarsi “un esaudimento” di queste speranze».
Ma se la preghiera dei due Papi è stata esaudita, rimane da capire come il Rinnovamento carismatico abbia attecchito nella Chiesa cattolica. «Il cardinale Leo Suenens, moderatore del Concilio e grande ispiratore di Lumen Gentium, nel ’73, volando negli USA, a Indianapolis, si imbatté in queste nuove, grandi assemblee di preghiera carismatica, intravedendo in esse i segni di quella “nuova Pentecoste” invocata dai Padri conciliari. Non meno di ciò che oggi l’arcivescovo Timothy Dolan registra a Wilmore. Giova ricordare che Suenens, tornato a Roma, parlò a Paolo VI di queste manifestazioni, dei doni di profezia, di guarigione, di lingue che aveva osservato».
[1979, Paolo VI riceve i partecipanti del III Congresso Internazionale del Movimento Carismatico Cattolico]
La reazione di Paolo VI? «Diede subito credito al Cardinale belga, giungendo così a definire, due anni dopo, il “Rinnovamento un chance”, proprio per i segni di risveglio spirituale che portava nella Chiesa».
Ancora pochi associano la figura di San Paolo VI ad una così forte apertura al mondo carismatico. «Eppure è così. In quella celebre Udienza nella Basilica di San Pietro, ai partecipanti al Congresso Internazionale del Movimento Carismatico Cattolico, il 19 maggio 1975, lasciando da parte il discorso ufficiale già preparato, Paolo VI pronunciò queste parole: “Questo Rinnovamento deve […] far riaprire le labbra chiuse del mondo alla preghiera, al canto, alla gioia, agli inni e alla testimonianza. Sarà una grande fortuna per il nostro tempo […] se una generazione intera di giovani, la vostra generazione, grida al mondo la gloria e la grandezza del Dio della Pentecoste”. A leggerlo oggi sembra un commento a quanto sta accadendo alla Asbury University e in altri campus americani».
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