Beckenbauer è un cognome che persino una che è stata bambina negli anni ’80 ricorda facilmente e associa al calcio dei campioni che hanno fatto storia. Si chiamava Franz Anton ed era nato a Monaco di Baviera nel settembre del 1945; viveva da anni nella zona di Salisburgo dove pochi giorni fa, domenica 7 gennaio, è morto serenamente circondato dai suoi cari, riferisce la famiglia che ha dato l’annuncio. Da calciatore aveva vinto tutto: campionati, coppe nazionali, Coppa dei Campioni, Coppe intercontinentali, i Mondiali. Anche da allenatore ha conquistato la Coppa del Mondo che aveva alzato come giocatore e capitano della nazionale, combinazione che solo altri due allenatori possono vantare. E’ stato premiato due volte col pallone d’oro, ed era un difensore, un dettaglio che secondo Fabio Capello dice davvero tutto della qualità suprema del giocatore. Era un perfezionista, raccontano; era elegante, preciso, determinato.
Su altri circuiti di cronaca è emerso un aneddoto che lui stesso aveva riferito e che ci lascia intravvedere la sua dimensione umana e spirituale, quel territorio nel quale per tutti si gioca la vera serie A, il dramma ultimo dell’esistenza, e dove tutti, più o meno consapevolmente, cerchiamo il significato del nostro vivere e del nostro morire. Bavarese come Joseph Ratzinger, raccontò di averlo incontrato nel 2005, anno della sua elezione al soglio pontificio come Papa Benedetto XVI. Sulle pagine di kath.net, sito di notizie cattoliche in lingua tedesca, leggiamo che era sua abitudine frequentare e trattenersi in chiesa e non solo in Austria, dove abitava:
«Ha detto a un lettore durante un incontro anni fa che gli piaceva molto visitare la chiesa perché aveva molto da ringraziare il buon Dio. Ha anche elogiato più volte il Papa tedesco Benedetto XVI.» Secondo quanto ha riferito il fotografo dell’allora pontefice, Christoph Hurnaus, Beckenbauer, per tutti Der Kaiser, ha commentato l’incontro con queste parole: «Il carisma che quest’uomo ha, questa pace interiore e dignità e la sua cordialità – questo mi ha colpito molto.» L’incontro è stato certamente «uno dei momenti più commoventi» della sua vita. Un effetto all’apparenza minimo di questo incontro così significativo è testimoniato dall’abitudine che da allora il campione assunse di portare sempre con sé la fotografia di sé stesso con il Papa e di metterla sempre in valigia, sopra a tutto il resto.
«L’incontro con il Papa aveva cambiato un po’ la sua vita. “Da allora vado di nuovo in chiesa più spesso”», si legge ancora su kath.net. Non è il solo, tra le personalità incontrate nel corso del suo pontificato, che ne abbia apprezzato la dolcezza, la grande umanità, la sapienza e anche uno speciale carisma dell’ascolto; la nostra rivista ha dedicato al grande pontefice tedesco lo scorso anno un numero speciale (qui per abbonarsi) in cui 8 cardinali suoi amici ne hanno tracciato il ricordo.
Non abbiamo sufficienti conoscenze per fare altre considerazioni sulla riscoperta o l’approfondimento della fede nella vita dell’ex campione, ma che la sua morte terrena sia avvenuta la Domenica che chiude il tempo del Natale, celebrando il Battesimo del Signore, aggiunge motivi di consolazione e speranza: per l’anima di questo signore di 78 anni e per tutti. Se fossi al posto dei parenti e degli amici di Beckenbauer credo che vivrei il dolore del distacco addolcito da questa fortunata coincidenza: morire il giorno in cui Gesù inaugura la sua vita pubblica, viene riconosciuto da Giovanni il Battista come l’Agnello di Dio, appena uscito dal fiume Giordano, che scorre in quel punto nella maggiore depressione della terra, significa che il Salvatore fa fino in fondo il suo mestiere: ci raggiunge ovunque, ci risolleva da ogni depressione, ci recupera da qualsiasi fiume limaccioso in cui siamo finiti. È sceso fino in fondo nella nostra condizione umana per portarla con Sè, se glielo permettiamo, dove ogni nostalgia sarà spenta, ogni desiderio autentico compiuto. (Fonte foto: Screenshot YouTube Sky Sports Retro/Imagoeconomica)
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