di Francesco Ognibene
Spermatozoi creati in laboratorio a partire da cellule prelevate dai testicoli di un uomo sterile. È l’annuncio che arriva dall’Istituto di genomica funzionale di Lione, e in particolare da Kallistem, azienda nata dal Centro nazionale delle ricerche francese. Si tratta della conferma di una notizia lanciata ai primi di maggio, quando la stessa azienda fece sapere di essere a un passo dalla produzione di cellule germinali maschili umane tratte da tessuti dello stesso soggetto che porrebbe così diventare padre – tramite fecondazione assistita – senza dover ricorrere al seme di un "donatore" e dunque alla fecondazione eterologa
La tecnica, della quale si è parlato nel corso di una conferenza stampa (e non attraverso una ricerca scientifica validata da esperti internazionali e pubblicata su riviste di settore, come è indispensabile fare), potrebbe consentire di preservare la fertilità di bambini e giovani che si devono sottoporre a terapie oncologiche. «È la prima volta che accade – è il commento di Carlo Foresta, andrologo dell’Università di Padova –: nelle sperimentazioni riportate sino a oggi in vitro per quanto riguarda i gameti si era arrivati soltanto allo spermatide, il passaggio prima che la cellula diventi spermatozoo».
Quest’ultimo è invece «il punto finale di una serie di divisioni cellulari che a un certo punto devono dimezzare il corredo cromosimico e modificare completamente la morfologia» arrivando «dalle classiche cellule tonde» alla «cellula lanceolata con la testa, la coda e l'apparato di motilità», un obiettivo «molto difficile da raggiungere». È lo stesso Foresta però ad avvertire che occorre verificare cosa accade allo spermatozoo dopo i vari passaggi ai quali viene sottoposto nella sua trasformazione, che può durare 72 giorni: la cellula riproduttiva maschile infatti «modifica profondamente il suo Dna durante i vari passaggi», spiega Foresta.
Come si possa affermare che da uno spermatozoo al quale nessuno sa dire esattamente cos’è accaduto nella mutazione subìta possa nascere un bambino – non una cavia da laboratorio –, assumendosi tutte le gravi responsabilità del caso, è una questione che attiene la serietà della scienza. Annunci come quelli di Kallistem sembrano più un modo per marcare il territorio dei brevetti che una seria risposta alla sterilità maschile.
Quest’ultima infatti è una piaga dilagante, una ferita profonda per l’uomo e nella coppia che desidera procreare, ed esige risposte certe, fondate e affidabili, oltre che eticamente sostenibili (stiamo parlando di vita umana). Di casi Stamina ne è bastato uno.