Sono passati una decina di giorni dalla chiusura della seconda Assemblea sinodale del “Cammino” della Chiesa cattolica in Germania, che peraltro ha visto un’estensione dello stesso fino ai primi mesi del 2023, ma le discussioni non si placano, anzi. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti, vista la quantità e il “peso” delle questioni affrontate, che vanno dalla messa in discussione del sacerdozio, alla revisione della morale sessuale matrimoniale, passando attraverso altre tematiche altrettanto delicate e fondamentali alla luce del Magistero della Chiesa.
A tenere viva la discussione è stato domenica 10 ottobre il vescovo di Augusta, mons. Bertram Meier (foto a lato), che non ha usato mezzi termini per sintetizzare la sua visione densa di preoccupazioni: «Non dovremmo dormire», ha affermato secondo quanto riporta InfoCatolica, «e poi stropicciarci gli occhi per lo smarrimento quando ci sveglieremo con la Chiesa cattolica che è stata trasformata di fatto in una chiesa nazionale protestante sulla Via sinodale». Detto in altri termini: la possibilità di uno scisma in seno alla chiesa cattolica tedesca, con derive protestanti che già hanno pesantemente segnato il corso della storia di fede in questo Paese, non è un’eventualità così remota, a suo avviso, e le premesse perché questo accada ci sono tutte.
Di fronte a questo, Meier oppone una visione differente, che non va ad annullare, ma anzi sostiene e rafforza il legame con Roma, nell’ottica di un’universalità della Chiesa che è «un privilegio», che «ha ampliato il mio orizzonte». «Mai in vita mia», ha affermato ancora il prelato che nell’occasione ricordava il suo 36° anniversario di sacerdozio, «ho sperimentato la Chiesa universale come un impedimento o un corsetto».
Accanto a questo, Meier si è anche espresso rispetto alla possibilità di eleggere temporaneamente e democraticamente i vescovi, rigettandola in maniera netta: «Se vogliamo una Chiesa senza ministero sacramentale», ha commentato infatti, «le spezzeremo il collo».
Alla voce di Meier si è quindi associata quella di un altro strenuo difensore dell’unione con Roma e alla fedeltà al Magistero, di colui che si potrebbe a ragione qualificare come il vertice del fronte di resistenza episcopale alle derive sinodali in atto, mons. Rudolf Voderholzer (foto a lato). Il vescovo di Ratisbona, in un’intervista rilasciata al Neue Zürcher Zeitung, si dice consapevole di questo suo ruolo di “pietra d’inciampo” nel cammino riformistico sinodale, ma afferma di non volersi tirare indietro, anche perché dal suo osservatorio rileva che sempre più vescovi si stanno ponendo domande e sono preoccupati di non essere sulla strada che porta alla Verità.
La realtà, continua in maniera netta Voderholzer è che il Cammino sinodale si sta impegnando, in maniera erronea e pericolosa, per modificare la Chiesa cattolica «sul modello delle costituzioni ecclesiastiche protestanti».
Affrontando quindi il delicato tema degli abusi sessuali, il prelato si è detto convinto che la radice non è da ricercarsi tanto nella morale cattolica, tanto quando nel «noto disprezzo» di essa: il ragionamento andrebbe quindi rovesciato. Accanto a questo, sostiene che nel sacerdozio «si debba porre maggiormente l’accento sull’unità dei consigli evangelici del celibato, della povertà e dell’obbedienza», rigettando con questo la tendenza a “imborghesirsi”, ad “adattarsi al mondo”.
Sacerdozio che, ha ricordato inoltre, è prerogativa del sesso maschile non per una millantata misoginia in seno alla Chiesa che seguirebbe i valori occidentali prevalenti, bensì in quanto supportata «dal Nuovo Testamento e dalla volontà di Gesù Cristo di fondare la Chiesa».
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