Due donne fanno coppia fissa oramai da anni, e da dieci sono anche diventate madri, entrambe, tutte e due mediante fecondazione eterologa da donatore anonimo. Solo che stanno negli Stati Uniti. Non in Italia. Negli Stati Uniti ciascuna, dopo la nascita dei loro rispettivi bimbi, ha ottenuto l'adozione del figlio dell'altra con sentenze di tribunali americani che hanno attribuito ad entrambe le madri le responsabilità genitoriali.
Ebbene, dal 2013 a una di loro, docente universitaria, è stata attestata la cittadinanza italiana per discendenza: ha preso quindi la residenza a Bologna dove l’allegra “famigliola” si è trasferita. Adesso la professoressa chiede al tribunale dei Minori dell'Emilia-Romagna che venga riconosciuta anche in Italia l'adozione della figlia della moglie, come sancita dal Tribunale statunitense. Solo che siamo in Italia, che è un Paese diverso dagli Stati Uniti. Magari per poco, ma ancora diverso. Le coppie diverse, come quelle lesbiche, da noi non possono ancora vedersi riconosciuta quest’assurdo tipo di adozioni incrociate e omosessuali. Magari per poco, ma da noi è ancora così.
Ebbene, pare che il premier Matteo Renzi prometta entro poche settimane, forse pochissime, una nuova normativa che consenta di fare anche da noi quel che già si può fare negli Stati Uniti di Barack Obama. Mentre continuiamo a sperare (per il bene dei bimbi messi al mondo da persone omosessuali e adottati da coppie omosessuale, così come per bene di tutti) che il provvedimento ritardi, anzi che non venga mai, proponiamo alla riflessione di tutti, omosessuali compresi, il caso agghiacciante quei due poveri bimbi.