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Dress code a messa: modestia, please
NEWS 27 Giugno 2019    di Andrea Zambrano

Dress code a messa: modestia, please

La rivoluzione sessuale ha potuto essere così potente anche grazie alla moda, che è nata in Francia e in Italia, ma negli Stati Uniti ha conosciuto la sua chiave erotica più spinta. Moda e sesso nell’immaginario collettivo americano hanno forgiato intere generazioni. E così che la libertà di vestirsi sessualmente provocanti ha contagiato anche altri contesti, come ad esempio quelli in cui solitamente l’abbigliamento deve essere degno. A Messa ad esempio dove negli anni abbiamo assistito davvero a di tutto.

E non è un caso che ora la reazione a questi eccessi arrivi sempre dalla stessa terra che li ha generati.

Proprio negli Stati Uniti il dibattito sull’abbigliamento da utilizzare in chiesa è più vivo che mai o per lo meno non è tabù come da noi. Si discute e a farlo sono sia i religiosi che i laici per nulla intimoriti dal giudizio degli altri.

Il National Catholic Register ha avviato un singolare dibattito dopo il caso di un sacerdote, padre Kevin Cusick, il quale ha chiesto alle donne di esercitare maggior modestia nel vestire per aiutare il prete a proteggere la purezza degli uomini durante la Santa Messa scegliendo di vestirsi modestamente. E’ stato criticato sui social network.

Così il giornale cattolico ha provato a tastare il polso a due laici e due sacerdoti. Le risposte, specie dei laici sono davvero confortanti e mostrano che ci sono semi di rinascita anche nel considerare la modestia nel vestire una virtù per l’anima. «La modestia è la decenza. Ispira la scelta dell’abbigliamento. Mantiene il silenzio e preserva dove c’è un evidente rischio di malsana curiosità», spiega l’ex modella Leah Darrow oggi convertita. «La modestia – ha aggiunto – ispira uno stile di vita che permette di resistere alle attrattive della moda e alle pressioni delle ideologie dominanti».

Anche Chris Stefanick,un giovane cattolico molto seguito dai giovani è perentorio: «Ci sono ampie statistiche che dimostrano che la castità e lo stile di vita modesto che si accompagnano ad esso portano a una migliore salute, matrimoni più felici, maggiore successo finanziario e più realizzazione spirituale». E quando ne parla in pubblico di queste cose è sbalordito: «La reazione che ottengo è incredibile. La gente non si rende conto degli aspetti positivi della purezza».

Di episodi – anche curiosi – nella vita delle parrocchie ce ne sono. Ad esempio padre Gregory Pilcher, ricorda di aver scritto sul bollettino parrocchiale un articolo sul vestire «pulito, pulito e modesto».

Una famiglia rifiutava di accettare le sue disposizioni tanto che la figlia si presentava vestita succintamente. Ha parlato con lei e i genitori chiedendo loro se sarebbe stato un bene se il prete avesse indossato solo un costume da bagno con i colori liturgici corretti, però, o un tanga per celebrare la Messa». Ignorarono il suo ragionamento, ma molte persone da quel giorno iniziarono a condividere la sua battaglia. Perché in fondo la chiave di tutto è iniziare a parlarne, come per tutti i problemi spirituali o sociali. Lo sa bene anche padre Anthony Stubeda che ai suoi parrocchiani ricorda sempre che «vestirsi per la Messa non è obsoleto», mentre chiede ai genitori di controllare i vestiti dei loro figli. «La nudità è da sempre un problema spirituale. Non viviamo in Paradiso dove il peccato e la tentazione non esistono e niente può nuocere a noi e agli altri. Viviamo in un mondo dove le tentazioni e il peccato sono una realtà».


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