«Vi sono state delle dichiarazioni da parte di Ministri francesi, e quindi di rappresentanti dell’attuale governo francese, che ho ritenuto poco dignitose per l’Italia. Per questo ho ritenuto importante dare un segnale». Con questa spiegazione, diretta e concisa, il generale italiano Antonio Li Gobbi spiega la sua scelta di restituire, inviando una raccomandata all’ambasciata francese a Roma, la Medaille de Bronze de la Défense Nationale di cui era stato insignito, dall’allora ministro della Difesa francese Charles Millon, nel 1996 per un’operazione condotta in Bosnia Erzegovina, da tenente colonnello, nel 1995-1996.
Si tratta di un gesto simbolico, chiaramente, legato alla recente querelle tra Italia e Francia in relazione alla nave carica di migranti Ocean Viking, ma volto a veicolare un messaggio più profondo e ampio, che il Timone ha voluto indagare chiamando al telefono il diretto interessato.
Generale, come mai ha deciso di restituire alla Francia la medaglia che le aveva conferito oramai quasi trent’anni fa?
«Non entro nella gestione della questione migranti, che ritengo non sia stata ottimale da nessuna delle due parti. Il punto è che vi sono state delle dichiarazioni da parte di Ministri francesi, e quindi di rappresentanti dell’attuale governo francese, che ho ritenuto poco dignitose per l’Italia. Ho ritenuto poco dignitoso non solo l’atteggiamento di mettersi a fare un po’ come la “maestrina” che sgrida il bambino poco bravo e soprattutto lo addita al pubblico ludibrio degli altri Paesi europei, ma anche l’invasione di campo, accompagnata anche da alcune misure muscolari poco comprensibili, come lo schieramento delle forze di polizia sulla frontiera.
Ho ritenuto quindi fosse importante dare un segnale nei confronti non tanto della Francia in quanto nazione – che ritengo un Paese che dovrebbe essere uno dei nostri partner ideali nella costruzione di un’Europa che non sia tutta orientata a est, ma che guardi anche alle problematiche del Mediterraneo -, bensì contro alcune espressioni dell’attuale governo di Parigi. E l’ho fatto anche per vedere se altri colleghi sono disponibili a seguirmi, perché ovviamente se si aggiungono altre persone oltre a me, ormai generale in pensione, questo potrebbe diventare un elemento di forza nella successiva, e necessaria, fase di mediazione tra Francia e Italia».
Su cosa basa la considerazione rispetto al fatto che la Francia può essere uno dei nostri partner privilegiati in Europa?
«Sicuramente noi abbiamo degli interessi economici, geopolitici e di sicurezza sul Mediterraneo. Ma altri Paesi mediterranei, come la Grecia, Malta e Cipro, non possono essere dei partners particolarmente significativi: quindi ci siamo noi, la Francia e la Spagna. Ed è a queste due che dobbiamo guardare per tentare di riportare il Mediterraneo all’attenzione dell’Unione europea, anche se sappiamo che la Spagna non si muove senza la Francia.
Ma, certamente, il recupero della collaborazione con la Francia – che si muove anche su altri piani, come quello economico – non può essere fatto accentando posizioni di presunta superiorità da parte di quest’ultima: come Italia dobbiamo far valere la nostra dignità».
Come è stata accolta la sua presa di posizione, in particolare tra le fila dell’esercito?
«Ho ricevuto molti commenti, direi il 99% favorevoli. Poi è chiaro che è più facile dire che si è d’accordo, perché non bisogna motivarlo, mentre è più difficile fare il contrario.
Ad ogni modo, i commenti favorevoli sono stati sia in ambito militare, sia, cosa che non pensavo, da parte di civili che nulla hanno a che fare con il mondo militare, e che io non conosco neanche, che mi hanno rintracciato per mostrarmi la loro solidarietà e il loro supporto. Quindi probabilmente è stato un gesto che ha colto le corde di un sentimento che può essere abbastanza ampio a livello nazionale proprio per questa situazione contingente».
A livello militare, com’è la collaborazione tra Italia e Francia?
«È ottima, e lo è stata negli ultimi trent’anni in tutti i vari teatri dove hanno operato assieme. Anch’io ho tuttora ottimi amici tra i militari francesi, e di certo questo mio gesto non va a incidere su questo».
Il fatto che ci sia stato un avvicendamento di colore politico al vertice del governo italiano pensa possa avere ricadute, a cascata, anche sulla collaborazione a livello militare?
«La collaborazione tra le forze armate di Paesi che fanno parte delle stesse organizzazioni trascende abbastanza dal colore politico del partito al governo nel singolo Paese, in quanto avviene all’interno di strutture – come la Nato, o l’Unione europea – che restano le stesse indipendentemente da chi siede nei palazzi governativi delle varie nazioni e dove tutti i Paesi hanno uguale dignità e vige un rispetto reciproco.
Diversi sono invece i rapporti bilaterali tra Stato e Stato, che dipendono anche dai singoli governi, anche se non dovrebbe essere così perché dovrebbero basarsi sugli interessi nazionali, che restano più o meno gli stessi, indipendentemente dal partito al governo».
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