mercoledì 6 novembre 2024
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Donald Trump sconfigge Kamala Harris (e la narrazione progressista)
NEWS 6 Novembre 2024    di Giuliano Guzzo

Donald Trump sconfigge Kamala Harris (e la narrazione progressista)

Chissà in che mondo vivono. Il dilemma irrisolto, dinnanzi alla nettissima vittoria di Donald Trump – rieletto Presidente degli Stati Uniti a furor di popolo (ha trionfato pure sul voto popolare, cosa che non aveva fatto neppure nel 2016) –, è sostanzialmente questo. Esiste difatti una nutrita schiera di giornalisti, influencer, esperti di cose americane ed opinionisti vari che per settimane, anzi in realtà per mesi, sulle elezioni degli Stati Uniti non ha fatto cronaca, semmai fantascienza. Come? Prima elogiando la candidata democratica, da subito presentata in odore di trionfo – Ricordate? «Kamala Harris già in vantaggio di due punti» (Corriere della Sera  24/7/2024) –, poi assicurando fin agli sgoccioli della campagna elettorale che non ci sarebbe stata partita, perché la vice di Biden «ha quattro punti di vantaggio su Trump» (IlSole24Ore, 3/11/2024).

Certo, prudenzialmente alcuni avevano anche parlato negli ultimi giorni di “testa a testa” tra i due candidati, vero. Ma era palese che lo facessero più per scaramanzia che per altro, dato che nella narrazione dominante, non solo negli States (anche nelle tv italiane, fino a ieri sera, era dura trovare mezzo simpatizzante repubblicano), queste elezioni avevano, da una parte, una candidata con qualche pecca ma comunque donna e progressista – quindi una candidata del Bene -, e, dall’altra, una sorta di mostro impresentabile. Chi avesse dei dubbi al riguardo, può controllare l’aria da funerale che tira nei talk show di queste ore, i cui studi ricordano per vivacità la casa della famiglia Addams: sguardi vitrei, volti pallidi, commenti a denti stretti, parole di preoccupazione perché «adesso chissà che succederà all’Europa». C’è insomma tutta la conferma che chi doveva fare informazione ha in realtà fatto altro, e cioè militanza.

La prova che le cose stiano così sta nel fatto che, a ben vedere, la vittoria di Donald Trump qualcuno l’aveva prevista eccome. Per esempio, l’istituto demoscopico AtlasIntel –  lo stesso, guarda caso, che pure nel 2020 ci aveva azzeccato col massimo grado di accuratezza. Ma anche i mercati e gli scommettitori, in realtà, davano per probabile un ritorno alla Casa del Tycoon. Irrituale era parso pure il mancato endorsement dem di testate come il Washington Post e Los Angeles Times. Insomma, i segnali che il vento non fosse proprio pro Harris c’erano. Eppure, dicevamo, per mesi c’è stato raccontato ogni giorno un mondo che, semplicemente, non esiste. È il mondo insegnato nelle università «inclusive» e per i quale si battono le varie Taylor Swift Julia Roberts, Oprah Winfrey e Lady Gaga…Tutte signore professioniste nei loro ambiti, sia chiaro. Ma che forse hanno qualche problemino a capire la realtà.

Solo infatti chi staziona in un universo parallelo – a proposito del chissà in che mondo vivono – può stupirsi del fatto che alla maggioranza delle persone l’aborto libero fino al nono mese possa interessare più di un lavoro ben retribuito, o che gli asterisch* possano venir prima dei controlli sull’immigrazione, o che consentire agli uomini che “si sentono donne” di andare nei bagni delle donne sia prioritario rispetto al provare a fermare le guerre nel mondo. Da questo punto di vista, quanto avvenne nel 2016 – quando Hillary Clinton venne anche sconfitta pur essendo portata il palmo di mano dall’establishment -, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. E invece i paladini del progressismo continuano a intonare le loro filastrocche; e i giornalisti espressione di quella parte (cioè il 90%) a fare gli espertoni che la sanno lunga.

Non c’è quindi da illudersi sul fatto che questa pur vasta vittoria di Donald Trump possa cambiare le cose. Però poi non stupiamoci se molti diffidano dell’informazione. Piantiamola cioè di cadere dalle nuvole, davanti al calo delle vendite dei giornali. Nel nostro piccolo, come Timone – fa testo il numero di ottobre della nostra rivista (qui per abbonarsi) –, abbiamo sempre raccontato che il 5 novembre si sarebbero sfidate due diverse Americhe, senza però mai neppure immaginare che quella incarnata dal candidato repubblicano fosse brutta, sporca e cattiva, tutt’altro. Invece tantissimi altro lo hanno fatto, atteggiandosi pure a guru, e oggi dinnanzi a queste figuraccia epica – questa sì brutta, sporca e cattiva -, forse farebbero meglio a fare autocritica, questa sconosciuta, e a rendersi conto che la realtà non è come la raccontano. E non lo è mai stata. (Foto: Imagoeconomica)

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