I caminetti del crinale scoppiettano ancora, visto il maggio da raffreddamento globale. E le elezioni si discutono davanti a due legni grossi.
Don Camillo aveva sentito il brivido delle urne, ma era rimasto nei ranghi. Senza dare espressioni di voto partitiche. Peppone dal canto suo restava fedele alle consegne di scuderia, ma quando andava al bar capiva che il popolo aveva le sue ragioni.
«Reverendo lei non me la racconta tutta, dovrebbe insegnare ai suoi che non si possono votare certi partiti… mi sembra che la linea dei clericali sia chiara e lei deve esprimerla».
«Anche te caro Peppone me la dovresti raccontare tutta… e dire ai tuoi che il proletariato non dovrebbe votare certi partiti che sono un po’ troppo capitalisti e borghesi».
Il caminetto andava a tutto vapore e il fumo del sigaro di don Camillo annebbiava l’atmosfera.
«Voi clericali con tutta quella propaganda che avete fatto», era l’analisi del vecchio compagno, «avete favorito il satanasso che volevate scacciare».
«Vedi, caro Peppone, nello stesso tempo forse abbiamo anche garantito la sopravvivenza dei tuoi. Come avreste fatto senza le chiare indicazioni di voto dei pastori? Ringrazia e ammettilo: la chiesa trova sempre il modo di aiutare tutti i suoi figli…».
A Peppone il fumo del sigaro di don Camillo sembrò come la nebbia nella Bassa in certe sere: talmente densa che si faceva fatica a vedere il fosso. «Però», aggiunse Peppone, «anche voi don Camillo un qualche segno al popolo potreste darlo, le pecorelle hanno bisogno del pastore locale».
A don Camillo parve che Peppone parlasse sincero e gli venne in mente un’idea chiara. Il giorno dopo sul sagrato della piazza ci fu un rosario di speranza per il popolo e venne anche Peppone, il quale al termine prese la parola. «Compagni, guardiamo alla Madonna e andiamo avanti». E baciò il rosario, sventolandolo sulla piazza…
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