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NEWS 29 Gennaio 2021    di Giuliano Guzzo

Divieto di aborto confermato in Polonia. E scoppiano le proteste

Fino a non molte settimane fa, pareva che il governo polacco avesse fatto un passo indietro, ritardando – a seguito delle protese nel Paese – la pubblicazione di una sentenza della Corte Costituzionale presieduta da Julia Przylebska che il 22 ottobre 2020 aveva di fatto vietato l’aborto in caso di grave malformazione del feto, richiamando l’«incompatibilità» di tale fattispecie, prevista da una norma del 1993, con la Costituzione. In sostanza la pratica abortiva rimane così legale solo in caso di stupro o incesto o quando la vita della madre è in pericolo. Ebbene, alla fine mercoledì il governo ha vinto le titubanze, pubblicando in Gazzetta Ufficiale le motivazioni della Corte Costituzionale il cui verdetto a favore della protezione della vita nascente è, in questo modo, entrato ufficialmente in vigore. Così la Polonia – che aveva già una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa, con meno di 2.000 aborti annui – mette la pratica abortiva se non al bando, certamente sotto limiti pesanti.

A seguito di tale svolta, le proteste nel Paese sono riprese e, nel dare riportare la notizia, i grandi media – New York Times in testa – hanno scelto di porre l’accento proprio sul dissenso emerso rispetto alla decisione governativa di dar seguito alla sentenza della suprema corte. «I manifestanti», ha infatti riportato la celebre testata americana, «sono scesi in piazza cantando e urlando slogan come “Penso, sento, decido!” e “Libertà di scelta invece di terrore!”». Proteste sono state organizzate anche davanti ai palazzi istituzionali e di partito. In questo modo è passato in secondo piano anche la notizia di un correttivo alla sentenza annunciato dalla Corte Costituzionale, volto a far sì che alle due citate motivazioni che permettono ancora l’aborto – ossia stupro e incesto nonché rischi per la salute della madre – si aggiunga anche l’accertata probabilità di danni irreversibili o letali del feto come esito dei suoi difetti congeniti. Dunque è molto fuorviante parlare di «divieto totale di aborto», come fanno i manifestanti scesi in piazza, i cui slogan vengono rilanciati da tanti media come oro colato.

Allo stesso modo, ci sono almeno tre questioni che quasi nessuno sembra ricordare, nonostante la loro centralità. La prima riguarda proprio le tesi femministe urlate nelle piazze polacche in queste ore, secondo cui gli aborti illegali, nel Paese, ammonterebbero a 200.000. Ebbene, trattasi di una molto probabile menzogna, la stessa menzogna che gli abortisti hanno già impiegato decenni addietro per condizionare l’opinione pubblica. Ciò è avvenuto anzitutto nel Regno Unito, negli Stati Uniti e anche in Italia. Con riferimento alla situazione americana, fu un attivista abortista pentito, il dottor Bernard Nathanson (1926-2011), a confermare che il condizionamento dei media anche attraverso le stime esagerate degli aborti clandestini è una strategia manipolatoria studiata a tavolino.

Un secondo aspetto che nessuno sembra ricordare consiste nel fatto che, come certificato anche da una pubblicazione sulla rivista Plos One nel 2012, il contestato divieto di aborto non comporta maggiore mortalità materna, che resta simile a quella dei Paesi dove invece la pratica abortiva è consentita. Non è insomma affatto vero, a dispetto di quanto insinuano alcuni, che il governo della Polonia stia mettendo a rischio la salute delle donne.

Una terza considerazione riguarda le motivazioni che hanno ispirato siffatta limitazione dell’aborto. Motivazioni che certamente hanno a che vedere con la difesa della vita nascente in generale ma, in particolare, sono volte ad eliminare un fenomeno preciso: la selezione sistematica di disabili e Down prima della nascita, ovvero un abuso dei diritti e dell’uguaglianza tra gli esseri umani. Basti pensare che sono i dati del Ministero della Salute polacco a dire che, ad oggi, nel 97% dei casi gli aborti risultano giustificati per motivi eugenetici.

Motivo per cui la nuova limitazione introdotto all’aborto soddisfa anche la chiesa polacca. Ciò nonostante è palpabile una certa preoccupazione rispetto al rischio che le proteste di queste ore possano raggiungere le dimensioni di quelle precedenti, che avevano visto – per la prima volta nella storia polacca – dei giovani interrompere le cerimonie religiose, a motivo appunto della sintonia valoriale tra il governo in carica e l’episcopato del Paese che ha dato i natali a san Giovanni Paolo II.


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