La più grande opera del cinema sacro mai realizzata. Un vero caso cinematografico. Questo si può dire con certezza del grande film La Passione di Cristo, che quest’anno compie 20 anni, uscito nelle sale nel febbraio 2004 ma già completato l’anno precedente. Al tempo della sua prima proiezione la critica si è divisa. Un film di due ore che racconta gli avvenimenti di due giorni, dall’Orto degli ulivi alla morta di Cristo in croce – per un importo totale di 25 milioni di dollari. Mel Gibson, il regista che da questo film ha tratto al tempo stesso fortuna e rovina, non ha risparmiato allo spettatore le scene più crude e violente della Crocifissione alle quali né Hollywood, né i critici cinematografici e forse nemmeno i cristiani erano pronti.
Basti pensare alla percentuale ottenuta dalla pellicola sul sito Rotten Tomatoes, tra i più validi di recensioni cinematografiche e sulle serie Tv. Lo staff decide (o chiede al recensore stesso) se una determinata recensione è positiva o negativa, e poi esprime con una percentuale quante, sul totale, sono positive. Se quella percentuale è sotto il 60% il film è considerato “rotten” (marcio). La Passione di Cristo ha ottenuto una valutazione del 40%. Inoltre, nel 2002 Gibson non trovò supporto alcuno da Hollywood, né per una collaborazione di co-produzione né per un’eventuale partnership inerente la distribuzione. La scelta di produrlo attraverso la stessa compagnia di Gibson fu quindi obbligata e necessaria, considerando anche la totale assenza di eventuali compagnie interessate nel progetto. «Questo film riguarda una cosa che nessuno vuole toccare […]. Dalle parti di Los Angeles credono che io sia pazzo, e forse lo sono», questa una dichiarazione di Mel Gibson del 23 settembre 2002.
Nonostante le critiche che si è attirato, fino a quella di essere un film “anti-semitista”, è innegabile che abbia alzato il livello dei film del cinema sacro superando la prova del tempo. E la sua grandezza consiste proprio per non aver annacquato alcun aspetto crudo della Passione, ritenuto da alcuni «eccessivo». Riportiamo un aneddoto sulle riprese raccontato dal National Catholic Register. Era presente durante la prima proiezione della bozza del film – riservata a poche persone – un pastore evangelico chiamato per dare un suo feedback. Alla fine della protezione, con un balzo dalla sedie si rivolse a Gibson con tono castigante: «Devi levare tutto ciò che non è preso dalla Bibbia!» Gibson fu preso alla svista. «Cosa nel mio film non c’è nella Bibbia?», questa la sua risposta. Il pastore agitò le mani in modo sprezzante: «Tante cose! Come per esempio, Satana impersonato dal serpente nel Giardino del Getsemani. Questo non è biblico!». Gibson rispose perplesso: «Non pensi che Satana fosse lì?». Il pastore rispose: «Non importa cosa pensi tu o io. Non ti è permesso aggiungere nulla che non sia nella Bibbia».
I dubbi espressi dal pastore potrebbero essere avanzati anche a tutti gli artisti di immagini sacre che, a servizio delle Scritture e della propria immaginazione artistica, hanno rappresentato il diavolo come meglio pensavano o contestualizzato l’Annunciazione o altri eventi biblici in ambienti non del tutto “scritturali”. Come non definire geniali, brillanti e creative le interpretazione di tutti i personaggi del film. Potremmo dire personaggi “chiamati” piuttosto che scelti. Si pensi al ruolo di Gesù, interpretato dall’attore Jim Caviezel, che ha definito lui stesso «un’esperienza unica nella vita». Partecipava alla Santa Messa tutti i giorni e ogni giorno recitava il Rosario.
L’attore, che aveva vissuto una forte conversione a Medugorje, durante le riprese ha raccontato di aver vissuto una forte esperienza di fede. Durante la scena della Crocifissione, racconta Caviezel, era sempre presente un sacerdote con il Santissimo Sacramento tra le mani. Durante la sequenza in cui veniva inchiodato, la spalla lussata gli usciva di continuo, causandogli dolore vero. Durante la flagellazione, fu colpito per sbaglio due volte dalla sferza subendo una ferita lunga 14cm e a ciò si aggiunse un infiammazione ai polmoni che si riempirono di liquido. Una sfida fisica, mentale e spirituale, ancor prima che artistica.
Tanto altro si potrebbe di un film che ha segnato il cinema, ma soprattutto il cuore di molte persone. Sono milioni le testimonianze di quanti si sono avvicinati a Dio mediante quest’opera, o quanto meno interrogati sulla vita di Gesù. Chiunque abbia visto il film può affermare che la violenza inflitta a Cristo nella Passione sia terribile da sostenere allo sguardo umano. Una risposta di Gibson si eleva sulle tante accuse mosse per la troppa violenza: «Violento sì, ma non come un peccato veniale». Ecco allora che la visione di questo film in attesa della Pasqua – evento cruciale per i cristiani, sul quale abbiamo fatto una nuova indagine nell’ultimo numero della rivista, cui vi invitiamo ad abbonarvi – potrebbe essere un’occasione per ricordare quanto sia stato ed è tutt’oggi il nostro peccato a fare violenza al corpo di Cristo. È difficile da guardare, da pensare e da riconoscere, ma così potremmo dire a gran voce domenica: «Cristo è risorto! È veramente risorto! Alleluia!». (Fonte foto: ricerca immagini Bing licenza libera)
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