Non bastavano gli inchini alle “famiglie arcobaleno”, per omaggiare le quali, la Disney, ha ormai da tempo cominciato ad inserire nei suoi cartoni sempre più scene e personaggi Lgbtqia+, che secondo il presidente della Disney General Entertainment Content Karey Burke dovrebbero essere almeno il 50% del totale; ora la casa cinematografica americana sposa anche la battaglia, tanto alla moda, del “body positive”. Eh già perché, dopo aver passato in rassegna quasi tutte le minoranze etniche, attraverso le varie Pocahontas, Mulan, Tiana, Elena e Vaiana, per dire che le principesse Disney non sono solo bionde con gli occhi azzurri, adesso è la volta del “grasso è bello”.
Stiamo parlando del nuovo corto Disney “Reflect”, protagonista Bianca, una ballerina in sovrappeso che, almeno all’inizio del cartone sembra avere un buon rapporto col proprio corpo: nella prima scena la si vede in uno studio di ballo vuoto che si allena con sicurezza. Risolutezza che scompare quando entrano le altre compagne e Bianca va in crisi di fronte alla sua immagine riflessa nello specchio. Ed ecco che la non accettazione di sé si materializza nella scena successiva, in cui la ballerina si trova da sola di fronte a centinaia di immagini di sé stessa riflesse in uno specchio rotto. Dopodiché le schegge cominciano a muoversi con lei creando forme e cambiando colore. Bianca capisce che sono le sue movenze a farle muovere: con un salto entra nello specchio, rientra in classe e si unisce alle compagne con una nuova fiducia in sé stessa.
Insomma, tanto per non farci mancare niente, ritorna il tema della percezione del sé, alla base, come ben sappiamo, anche dell’ideologia gender ed è tutto un “se mi sento così, va bene così” anche se è sbagliato e con l’aggravante, per di più come in questo caso…anche se fa male alla salute. Ma nell’epoca del “Così è se mi pare” (parafrasando Pirandello) la realtà deve piegarsi alla mia percezione e non viceversa e costi quel che costi. Una visione univoca che non tiene conto di un aspetto della questione molto importante: che sul cibo e sul rapporto disordinato con esso, si proiettano problematiche individuali, psicologiche, spesso distruttive che portano non solo ad una magrezza estrema ma anche, di contro, all’obesità.
E col sovrappeso eccessivo, così come con l’anoressia, non si scherza, perché l’obesità non è un mero problema estetico: l’obeso, infatti, come è noto è un soggetto a rischio di patologie cardiovascolari diabete, ipertensione e persino alcune forme di tumore e va spinto a curarsi prima che queste insorgano. Per questo, l’acriticità del messaggio del corto in questione si configura come un vero e proprio culto dell’invidualità a qualunque costo. Una forma di edonismo che non fa nemmeno rima, in questo caso col piacere, ma può assumere persino una funzione antisociale, proprio perché porta l’uomo ad agire senza pensare razionalmente alle conseguenze che un’azione può avere (su sé stesso e sugli altri).
Un canto di libertà dunque? No, si è sdoganato – o si rischia di sdoganare – un problema e anche serio, per dare, ancora una volta spazio al politicamente corretto e per demonizzare la chiara, vecchia “normalità”, fatta ormai passare oggi, in qualunque forma si presenti, come uno stereotipo da combattere perché produrrebbe chissà quali mostruose forme di tolleranza. Ed ecco che “natura” è sempre più concepita non come in rapporto, ma come in contrapposizione con “cultura” e “diversità” come unica, possibile forma di modernissima, politically correct, “normalità” (Foto: Youtube, screenshot/ Credit: Walt Disney Animation Studios).
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