Ieri mattina, 20 marzo, a 91 anni e mezzo, è morto padre Tarcisio Stramare (1928-2020), insigne biblista, religioso degli Oblati di San Giuseppe, guida del Movimento Giuseppino e tra i massimi studiosi del padre putativo di Gesù. Dio ha permesso quindi che passasse in terra l’ultima solennità del santo a lui così caro, una solennità tanto singolare per il periodo che sta vivendo la Chiesa e l’umanità intera: padre Tarcisio, già con pregressi problemi al cuore, l’ha passata lottando all’ospedale di Imperia, vivendo la sua piccola, personale passione.
Chi scrive ha avuto la grazia di conoscerlo in tempo, seppur ‘solo’ telefonicamente, già dall’estate del 2019. L’occasione era stata un’intervista per il trentesimo anniversario della Redemptoris Custos (15 agosto 1989), l’esortazione apostolica di san Giovanni Paolo II che illustra in modo mirabile il ruolo di san Giuseppe nel mistero della Redenzione: a quell’esortazione padre Tarcisio, molto stimato da papa Wojtyla, aveva dato un grande contributo, collaborando soprattutto per l’impianto teologico, «perché questo – ci spiegava – è quello che manca quando si parla di san Giuseppe».
Con i suoi scritti e i suoi interventi radiotelevisivi, padre Stramare ha dato un contributo straordinario alla conoscenza di san Giuseppe sotto molteplici aspetti, in particolare per il rapporto specialissimo che lega lo sposo verginale di Maria al piano divino dell’Incarnazione. E, ancora, era illuminante quando parlava di cosa avesse da dire al mondo, ieri e oggi, la paternità di san Giuseppe.
Abbiamo avuto modo di parlarne con lui in un’altra intervista, pubblicata proprio sull’ultimo numero del Timone con il titolo “Chiamato a essere padre di Dio“, in cui ci ha confidato anche un piccolo retroscena sulla stesura della Redemptoris Custos, a partire dalla scelta del titolo (personalmente scelto da san Giovanni Paolo II)… e ci spiegava che «San Giuseppe è stato vero padre perché vero custode», in quanto sua cura principale è stata quella di portare «a compimento il progetto che Dio ha sull’uomo», qui il Figlio che la Santissima Trinità gli aveva affidato.
L’ultima volta che siamo riusciti a sentirci a voce, venerdì 13 marzo, padre Tarcisio era stato dimesso da un giorno dall’ospedale. Mi aveva confidato, ringraziando, di aver ricevuto il Timone fattogli recapitare dal direttore, e di averne letto una gran parte in quello che è stato, alla fine, il suo penultimo ricovero. Sempre prodigo di consigli, aveva fatto i complimenti per la rivista e mi aveva ricordato di chiamarlo anche solo per un saluto od ogni volta che avessi avuto bisogno del suo aiuto… ci rimane il tesoro dei suoi scritti.
Credo sia utile sapere come una sua parrocchiana, la stessa persona che ha fatto sì che lo conoscessi, mi ha comunicato la notizia della sua morte: «In questo momento, in cui sembra di essere in un lungo Sabato Santo, in stile giuseppino padre Tarcisio ci ha lasciato nel nascondimento». Che san Giuseppe e Maria Santissima, di cui era tanto devoto, lo presentino a quel Gesù che ha fedelmente servito in tutta la sua vita terrena.
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