In primo piano una mano con la scritta “DDL ZAN”, sullo sfondo tanti volti, da quelli di personaggi famosi a quelli di gente comune; il tutto sotto il cappello dell’hashtag #DiamociUnaMano.
È questa la nuova campagna lanciata da Vanity Fair in sostegno del cosiddetto “ddl Zan” sull’omo-transfobia: lanciata sul numero cartaceo n. 16, in edicola da qualche giorno, ha preso poi il largo sui social, dove si è diffusa a macchia d’olio.
Sfogliando il cartaceo, accanto all’adesione di personaggi quali l’attrice ventitreenne Alice Pagani, già protagonista della serie Baby su Netflix, e a un servizio titolato “Il mondo salvato dai ragazzini” nel quale si narrano le storie di quattro adolescenti che stanno sfruttando Instagram e TikTok per fare «informazione sui temi di diritti e minoranze», troviamo un’intervista rispettivamente al deputato Pd Alessandro Zan e a colui che viene oramai identificato per essere il volto della controparte “oscurantista”, l’onorevole leghista Simone Pillon.
Interrogato da Nina Verdelli, il primo, già presidente della sezione Veneto dell’Arcigay, sostiene che la legge in esame servirebbe per tutelare «oltre alle donne, le persone Lgbtq+ e i disabili. Categorie facilmente soggette a discriminazioni e violenze». Un’approvazione della nuova norma, a suo avviso, sarebbe sufficiente per frenare l’intolleranza, «anche perché leggi del genere non si limitano a punire i misfatti, ma propongono azioni di sensibilizzazione per i cittadini».
Non è dello stesso avviso Pillon, in queste ultime settimane è stato reso oggetto di diversi attacchi per le sue posizioni, per il quale «il disegno di legge parte un argomento condivisibile, proteggere le persone», ma «mira a imporre un pensiero unico e a punire chi la pensa diversamente». Il pericolo, per il leghista, è quindi quello di «creare vittime più uguali degli altri». E, nel contempo, una volta approvato il Ddl Zan sarà difficile frenare l’approvazione del matrimonio tra due persone dello stesso sesso, quindi l’adozione da parte di queste coppie di bambini e l’utero in affitto, infine «si completerà l’indottrinamento gender nelle scuole». Insomma, per Pillon è sacrosanto tutelare le persone, portatrici di una dignità immensa, ma questo non può e non deve coincidere con l’agenda Lgbt. Come a dire: una persona non va tutelata per il suo orientamento sessuale, bensì semplicemente in quanto persona.
Tuttavia, se è pur innegabile che la campagna #DiamociUnaMano ha avuto un seguito notevole, è altresì vero che tante persone “insospettabili”, in quanto non appartenenti né alla destra, né riconducibili alla Chiesa, né già note per posizioni “conservatrici”, si stanno pronunciando contro il ddl Zan, per i motivi più disparati. Chiaro, sono di meno perché è più faticoso e serve più coraggio per navigare contro corrente, oltre al fatto di patire una minor visibilità, visto il silenzio dei media mainstrem allineati in favore del mondo Lgtb… eppure ci sono.
Marco Rizzo, segretario del Partito comunista, non ha usato giri di parole: «L’involuzione della sinistra, che va avanti ormai da tanto tempo», ha affermato, «è collegata all’imposizione di diritti civili, pur giusti, a scapito dei diritti sociali, su cui l’inadempienza è totale. La sinistra odierna è diventata una sorta di enorme partito radicale, ovvero un’area politica totalmente liberista, affine alle grandi banche, ai grandi poteri europei, alla Nato, alla distruzione dei diritti dei lavoratori. Quasi a coprire questo tradimento, è stato centralizzato l’interesse sui temi dei diritti civili. Si tratta di una strategia in atto non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo. […]»
Punta il dito contro il gender, invece, Luana Zanella dei Verdi: «Ci sono delle pregiudiziali ideologiche di alcune associazioni trans: più che il desiderio di proteggere le persone, si vuole spianare all’auto-identificazione come uomo e donna».
E sulla falsariga si muove la femminista Marina Terragni, che mette l’accento sul carattere liberticida del ddl Zan: «Ognuno dovrebbe essere libero», ha sostenuto, «di decidere l’educazione da dare ai propri figli».
Insomma, come sempre attorno a questi temi, il dibattito è acceso. Intanto, la realtà politica ci dice che sarà necessario vedere gli sviluppi del ricongiungimento, al ddl Zan, di altri quattro progetti di legge sul tema (rispettivamente di Alessandra Maiorino, M5s; Elvira Evangelista, M5s; Julia Unterberger, Autonomie; Monica Cirinnà, Pd), secondo quanto deciso dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati.
Una cosa, tuttavia, è certa: le criticità sono tante e i pericoli, nel caso di una approvazione del ddl Zan, sono concreti. Per tutti, a prescindere da qualsivoglia “catalogazione”.
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