Da mezzo secolo la Cina espianta gli organi dei giustiziati per alimentare il vasto e ricco mercato dei trapianti illegali. Ma soprattutto continua a farlo oggi, come documenta l’ultimo rapporto, aggiornatissimo, della Laogai Research Foundation, fondata e diretta a Washington dal noto dissidente anticomunista Harry Wu. Solo nell’ultimo anno, ammettendo questa pratica, ha deciso di ricorrere a metodi legali, con donatori volontari. Ma finora i donatori sono ancora, a gran maggioranza, tristemente involontari. Mentre invece sostanzialmente invariata è la mattanza che ogni anno miete decine e decine di vite, vittime di una pena capitale che viene comminata per ben 55 fattispecie di reato, alcune delle quali davvero banali e assurde. Amnesty International ha da qualche anno smesso di pubblicare stime sulla pena capitale nella Cina neopostcomunista, ma nondimeno parla di miglia di vittime: anzi, la sola Cina continua ogni anno a giustiziare più persone di tutti gli altri Paesi del mondo dove vige la pena di morte messi assieme. Un numero di morti che, in modo assolutamente inquietante, è tra l’altro del medesimo ordine di grandezza del fabbisogno di organi per trapianti.
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