Papa Francesco è intervenuto questa mattina, sabato 12 maggio, nell’Auditorium di Via della Conciliazione nel corso dei lavori della terza edizione degli Stati Generali della Natalità, a fianco del premier Giorgia Meloni e del presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo.
Prima di iniziare il suo discorso, Francesco ha voluto consegnare a braccio agli ascoltatori due simpatiche «fotografie». Due episodi «successi qui in piazza. Circa due settimana fa il mio segretario camminava e veniva una mamma con la carrozzina, e lui è un prete tenero e si è avvicinato per benedire il bambino… era un cagnolino». Il secondo episodio è accaduto «in un’udienza del mercoledì io andavo a salutare e passando arrivai a una signora cinquantenne, «circa come me», ha aggiunto ironico Francesco. Quindi, proseguendo il racconto Francesco ha detto di aver salutato «la signora e lei apre una borsa e dice: “me lo benedice il mio bambino?”, quindi apre. Era un cagnolino. Lì non ho avuto pazienza e ho sgridato: “Signora tanti bambini hanno fame e lei con il cagnolino”. Queste sono scene del presente, ma se le cose vanno così sarà l’abitudine del futuro, stiamo attenti».
Nell’affrontare la denatalità, il Papa ha sottolineato che si sono due ordini di ostacoli, vi «sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi. E ancora, per descrivere il contesto in cui ci troviamo, penso a una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia (cfr Esort. ap. Amoris laetitia, 44)».
Sono le donne ad essere al centro dei pensieri di Francesco, «giovani donne spesso costrette al bivio tra carriera e maternità, oppure schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome».
Ma soprattutto la chiave del discorso, quella che permetterebbe davvero di invertire la rotta, Papa Francesco la scandisce chiaramente: «la famiglia non è parte del problema, ma della sua soluzione. E allora mi chiedo: c’è qualcuno che sa guardare avanti con il coraggio di scommettere sulle famiglie, sui bambini, sui giovani?». E poi ha aggiunto a braccio: «Sento delle mamme che si lamentano dicendo che il figlio, magari laureato, a trent’anni, e non si sposa… “Cosa posso fare?”… “Signora”», gli ha risposto il Papa, «”smetta di stirargli le camicie, poi vediamo…”».
Una battuta a cui Francesco ha fatto seguire un’equazione, quella per cui laddove una società non è generativa diventa triste. «La sfida della natalità è questione di speranza. Ma attenzione, la speranza non è, come spesso si pensa, ottimismo, non è un vago sentimento positivo sull’avvenire. Non è illusione o emozione; è una virtù concreta. E ha a che fare con scelte concrete. La speranza si nutre dell’impegno per il bene da parte di ciascuno, cresce quando ci sentiamo partecipi e coinvolti nel dare senso alla vita nostra e degli altri. Alimentare la speranza è dunque un’azione sociale, intellettuale, artistica, politica nel senso più alto della parola; è mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune, è seminare futuro. La speranza genera cambiamento e migliora l’avvenire».
«Non crediamo che la storia sia già segnata, che non si possa fare nulla per invertire la tendenza. Perché – permettetemi di dirlo nel linguaggio che prediligo, quello della Bibbia – è proprio nei deserti più aridi che Dio apre strade nuove (cfr Is 43,19). Cerchiamo insieme queste strade!» Perché, ha concluso Francesco, «i figli non sono beni individuali, ma persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale». (immagine: sreen shot canale Youtube Vatican news)
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