Nel tardo pomeriggio di lunedì 2 luglio il consiglio dei ministri ha approvato il Decreto dignità, considerato il primo atto concreto del vicepremier e Ministro dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio.
Senza entrare nello specifico di una valutazione punto per punto del decreto, ci soffermiamo qui sul Titolo III della bozza dello stesso, intitolato: “Misure per il contrasto alla ludopatia”. In questa sezione, all’articolo 8, si pone il divieto – a partire dalla data di entrata in vigore del decreto e se non vi è un contratto di pubblicità già in essere – di dare spazio a «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet. Dal 1° gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive ed acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata».
Le uniche eccezioni in tal senso sono costituite dalle lotterie nazionali a estrazione differita e dai loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e le conseguenze per chi non rispetta le nuove disposizioni si traducono in una sanzione amministrativa pecuniaria «commisurata nella misura del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, ad un importo minimo di € 50.000», con un ulteriore aggravio compreso tra i 100 e i 500mila euro per chi – riporta Il Sole 24Ore – «viola il divieto durante spettacoli dedicati ai minori». Tutti i proventi così raccolti saranno specificatamente devoluti al fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico istituito dal Ministero della salute.
Sintetizzando, dunque, con queste disposizioni il Governo prova a porre un argine al diffondersi della dipendenza socio-economica dal gioco e dalle scommesse che prevedono vincine in denaro, che è alla base di una vera e propria patologia con esiti spesso assai invalidanti nella vita dei soggetti coinvolti e delle loro famiglie, per via delle ricadute a livello lavorativo, economico e psicologico.
Secondo tale prospettiva, quindi, non si può che accogliere con favore questa parte del Decreto dignità, che si presenta in linea con la posizione assunta in materia dalla Chiesa cattolica. Si legge infatti nel Catechismo, al n. 2413: «I giochi d’azzardo (gioco delle carte, etc.) o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da parte di chi lo subisce».
Lo stesso papa Francesco si è pronunciato diverse volte sul tema, sempre utilizzando parole molto nette: già nel 2010, per esempio, quando era ancora a capo della Conferenza episcopale argentina, aveva definito il fenomeno un «cancro sociale»; nel 2013, quindi, nella catechesi di apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma, aveva affermato che il gioco d’azzardo è proprio delle persone senza speranza, in perenne ricerca della felicità; e anche il 4 febbraio dello scorso anno, nel corso di un incontro promosso dal Movimento dei focolari sul tema dell’Economia di comunione, Bergoglio non ha avuto esitazione nel definire il gioco d’azzardo un «culto idolatrico» che sta minando la solidità di moltissime famiglie.
Anche alla luce di questo, non stupisce dunque il fatto che negli ultimi anni la Chiesa sia stata la prima realtà a percepire la portata della piaga sociale che si andava diffondendo, nonché la più pronta a mettere in atto strategie di contrasto al fenomeno e di supporto a coloro che si trovavano in difficoltà: singole parrocchie e diverse associazioni sparse sul territorio nazionale (Caritas, Acli, Azione Cattolica, etc.) hanno infatti dato vita a piani di sensibilizzazione e prevenzione, hanno sostenuto materialmente le famiglie dei soggetti coinvolti, hanno promosso gruppi di mutuo-aiuto e, per esempio presso il Municipio VII di Roma, hanno anche promosso l’attivazione delle amministrazioni locali.
Ora anche il Governo pare essersi messo sulla stessa strada, nel tentativo di tutelare – almeno sotto questo aspetto e stando a quanto riportato sulla carta – la dignità delle persone.
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