Le nuove tensioni nel Caucaso dimostrano come esistano popoli che fanno notizia e altri che, purtroppo, vengono facilmente dimenticati. Dopo il conflitto del 2020, quando fu necessario un intervento della Russia per ristabilire la pace nella regione del Caucaso meridionale, la situazione in Armenia sembrava aver trovato un equilibrio. Ma nuovi scontri non hanno tardato ad arrivare e le forze di Baku hanno ripreso i bombardamenti sul territorio armeno. Il 13 settembre l’Armenia è stata coinvolta in un’aggressione militare lungo il confine con l’Azerbaijan.
Dopo due giorni di sanguinosi attacchi per mano dell’Azerbaijan, che hanno causato la morte di almeno 200 militari da una parte e dall’altra, l’Armenia ha annunciato un cessate il fuoco mercoledì 14 settembre.Tuttavia, il vescovo apostolico armeno Tiran Petrosyan, parlando con il Tagespost, ha ipotizzato che si sia trattato solo di una breve «tregua nei combattimenti». I villaggi e le città della zona di confine sono stati evacuati, ma gli uomini sono rimasti e sono pronti a combattere, «tutti gli armeni sono uniti nella difesa della patria», ha detto il vescovo.
L’obiettivo dell’offensiva sarebbe quello di creare un corridoio attraverso l’Armenia verso l’exclave di Nakhichevan, al confine con la Turchia. In questo modo l’Armenia verrebbe tagliata in due e la Turchia inosservata potrebbe fornire armi pesanti all’Azerbaijan. «Questo sarebbe estremamente pericoloso non solo per l’Armenia ma per l’intera regione», ha commentato il vescovo Petrosyan. In tale contesto s’inserisce il silenzio colpevole dell’Unione europea che – contrariamente a quanto sta facendo con il conflitto tra Russia e Ucraina – non ha ancora saputo condannare apertamente la Repubblica dell’Azerbaijan per l’aggressione all’Armenia.
L’Azerbaijan è un partner commerciale ed energetico di primaria importanza dell’Occidente per i rifornimenti di idrocarburi provenienti dal Mar Caspio. Così ci chiediamo se l’assenza totale di condanna per l’offensiva dell’Azerbaijan da parte di Bruxelles c’entri per caso con gli accordi del luglio 2022, quando la stretta di mano della presidente Ursula von der Leyen con Aliyev, il leader dell’Azerbaijan, significò un aumento del 30% delle esportazioni di gas dai giacimenti azeri all’Europa.
È lo stesso vescovo Petrosyan ad affermare che una politica di «due pesi e due misure» sia «incomprensibile e inaccettabile. Ci sono sanzioni contro Putin, che fa la guerra all’Ucraina, ma un accordo con Aliyev, che fa la guerra all’Armenia democratica». Delle sanzioni tempestivamente invocate su Mosca, qui, neanche l’ombra. (Fonte foto)
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