Viviamo in un mondo in cui l’imperativo dominante è quello della velocità, del “tutto e subito”. Il che, se da certi punti di vista semplifica la quotidianità, presenta anche un altro lato della medaglia: da una parte, non siamo più capaci di vivere (e coltivare!) l’attesa, dall’altra si tende a cullarsi in questa comodità che annulla il sacrificio e l’intraprendenza, con conseguenze gravose per l’intera collettività. Questa, in estrema sintesi, è la tesi sostenuta da Teresa Mull in un lungo articolo pubblicato su The American Conservative.
APPAGARE I SENSI
Secondo la Mull, le comodità tipiche della società odierna hanno portato le persone ad avere come prima priorità quella dell’appagamento (ovviamente il più possibile immediato!) dei propri desideri, con un conseguente venir meno dell’importanza data alla cultura personale e all’intraprendenza. «Siamo abituati», scrive, «a ottenere ciò che vogliamo quando lo vogliamo. Non dobbiamo impegnarci per le cose come una volta». E, attenzione, questo non vale solamente rispetto alle cose, bensì anche nelle relazioni con le persone, come spiegato sul numero di gennaio del Timone.
QUALI CONSEGUENZE?
Cosa comporta la possibilità, ormai generalizzata in tutti i campi, di non uscire dalla propria personale comfort zone, di non correre mai alcun rischio? Per la Mull, le conseguenze sono pesanti: «Un rischio più basso», afferma infatti, «comporta anche, naturalmente, una ricompensa più bassa. Potremmo sentirci a nostro agio con tutta questa comodità contemporanea, ma non siamo contenti. I nostri tassi di obesità e divorzio sono aumentati in linea con la nostra riluttanza a lavorare sodo, a negarci e ad aspettare pazientemente qualsiasi cosa. Siamo deboli, egocentrici e, peggio ancora, terribilmente noiosi. L’atteggiamento romantico e avventuroso che una volta ha portato gli americani a esplorare, inventare e conquistare è degenerato in un arco di attenzione nazionale digitalizzato che è inferiore a quello di un pesce rosso».
IL ROMANTICISMO È MORTO?
L’autrice, proseguendo nel suo ragionamento, si domanda quindi se il romanticismo sia ancora presente e possibile, intendendo con questo termine non solo quanto può avvenire nella relazione tra un uomo e una donna, bensì anche «la meraviglia della vita, il suo mistero e la gioia della scoperta». La risposta è sconfortante: tanti giovani di oggi – ma anche meno giovani – non hanno passioni, non hanno inventiva, vivono nell’apatia più assoluta.
Eppure, forse, non tutto è ancora perduto e la speranza va ricercata negli hipster, ossia in quei giovani comunemente definiti “anticonformisti”, e nella nuova moda della “Dopamine Fast”, che prevede un digiuno intermittente da alcuni strumenti od oggetti che favoriscono la produzione di dopamina, come per esempio i social media, la tecnologia e il cibo. Uno sforzo, questo, che permette di liberarsi dalla sovrastimolazione, di “disintossicarsi”, e di tornare poi ai propri comportamenti abituali con maggiore consapevolezza. Naturalmente, chiosa quindi la Mull, gli hipster non sono da ammirare in toto, perché «hanno le giuste inclinazioni, ma motivazioni errate. Sono attratti dalle cose giuste, ma per le ragioni sbagliate». Però quantomeno si stanno muovendo per rispondere al mondo di oggi, sollevando la testa dall’appiattimento generalizzato e, per esempio con il dopamine fasting, «stanno promuovendo il rinvigorimento dei nostri sensi intorpiditi, che è il primo passo per ritrovare un senso di romanticismo».
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