Sono questi giorni di esami, in Italia come in America e in altre parti del mondo, per tanti ragazzi e ragazze che si apprestano ad archiviare il capitolo delle scuole superiori. Si tratta tuttavia di una chiusura di percorso scolastico del tutto particolare, come ha evidenziato in un messaggio video l’arcivescovo di Los Angeles Jose H. Gomez: quella dei maturandi di quest’anno, ha infatti affermato, «sarà ricordata come una generazione eroica che ha usato i doni di un’educazione cattolica per amare e servire e costruire un mondo migliore in un momento di difficoltà nazionale, quando la società era stata capovolta da una pandemia mortale e ha dovuto affrontare una diffusa incertezza sul futuro». Accanto a questa considerazione, il presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha colto l’occasione anche per lanciare un appello in favore delle scuole cattoliche, che stanno attraversando un momento molto delicato: colpite infatti dalla pandemia, molte realtà rischiano di chiudere i battenti, secondo quanto dichiarato dai funzionari dell’istruzione USCCB e i leader della National Catholic Educational Association. «Se le scuole cattoliche dovessero fallire in gran numero, l’assorbimento dei loro studenti costerebbe alle scuole pubbliche circa 20 miliardi di dollari. Un costo che le scuole pubbliche già gravate non dovrebbero sostenere», ha affermato Gomez. Per poi aggiungere: «E la perdita delle scuole cattoliche sarebbe una tragedia americana. Ridurrebbe le opportunità per generazioni di bambini che vivono in quartieri a basso reddito e nei quartieri urbani. Non possiamo accettare questo risultato per i bambini d’America».
FLASH MOB #LIBERIDIEDUCARE
Queste ultime considerazioni dell’altro prelato americano provenienti da oltre Oceano trovano, ahinoi, piena corrispondenza anche nel nostro Paese, dove non poche realtà scolastiche pubbliche paritarie – si stima circa un terzo – stanno attraversando un periodo di seria difficoltà e rischiano di non aprire le proprie porte agli studenti a settembre, con un conseguente venir meno della libertà di scelta educativa dei genitori.
Per denunciare questo status quo e attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo politico, nel pomeriggio di giovedì 18 giugno, in piazza Montecitorio, si è svolto il flash mob #LiberiDiEducare, organizzato da Pro Vita & Famiglia, dall’associazione Non si Tocca la Famiglia, dal Comitato Family Day e da Polis Pro Persona.
L’evento romano ha visto la partecipazione di un numero contingentato di persone – circa 200 – per via delle distanze da rispettare in relazione all’emergenza sanitaria in atto. Tra queste va tuttavia registrata la presenza di una nutrita, e trasversale, rappresentanza del mondo politico: da Beatrice Lorenzin e Valeria Fedeli del Pd, a Paola Binetti dell’Udc, a Mariastella Gelmini, Maurizio Gasparri e altri colleghi di Forza Italia, a Maurizio Lupi del Gruppo Misto, a Tiziana Drago del Movimento 5 Stelle, a Simone Pillon e altri esponenti della Lega.
«Abbiamo chiesto ai politici di diversi schieramenti», ha affermato suor Anna Monia Alfieri (foto a fianco) agli altoparlanti (qui il video), «di aiutare la famiglia italiana che non ce la fa più a pagare il prezzo della libertà. Aiutare i docenti ad avere una libertà di insegnamento. Aiutare i disabili a non essere discriminati due volte. Aiutare i cittadini che in tempo di Covid hanno il diritto di chiedere che le loro tasse vengano impiegate bene». Il tutto nell’ottica di mettere termine alla discriminazione nei confronti di tutti quei genitori che vorrebbero scegliere liberamente dell’educazione dei propri figli, ma che non possono farlo per motivi economici.
Raggiunto dal Timone, il vicepresidente di Pro Vita & Famiglia Jacopo Coghe ha ulteriormente puntualizzato: «Il concetto che abbiamo veicolato è che serve ed è urgente aiutare le scuole pubbliche paritarie adesso, subito, perché a settembre sarà già tardi. E vanno aiutate principalmente per due motivi: uno di giustizia sociale, perché spesso a frequentare le scuole pubbliche (non private!) paritarie sono studenti provenienti da famiglie con redditi nella media, che tra l’altro pagano anche con le tasse la scuola pubblica di cui non usufruiscono; un secondo invece legato più all’economia italiana: uno studente della paritaria costa allo Stato 500 euro, quello di una scuola statale ne costa 4.500. Se anche chiudessero solo un terzo delle paritarie, con i suoi 300.000 studenti, è chiaro che la gestione economica diventerebbe molto complicata. Il tutto, naturalmente, inserito nella cornice della libertà di scelta educativa da parte dei genitori».
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