Negli Stati Uniti fra qualche mese si andrà alle elezioni per scegliere come presidente o una arcigna signora che ha generosi e disinteressati supporter come George Soros, e il cui programma prevede l’imposizione dei programmi del Planned Parenthood all’intero pianeta, o un ricco signore che, dopo aver costruito le sue fortune sul gioco d’azzardo vuole gettare fuori dai confini dieci milioni di immigrati, e su temi come vita e famiglia riesce a sostenere tutto e il suo contrario. In Italia in nessuno dei confronti per l’elezione a sindaco si è dibattuto delle sorti delle famiglie nelle grandi città nelle quali si votava: temi come l’adeguamento delle imposte comunali alle caratteristiche vere delle famiglie, o come la cura per i bambini e per chi ha difficoltà fisiche; temi cari, se pur non esclusivi, a quello che una volta si chiamava l’elettorato cattolico.
Come mai? Quest’area è scomparsa, analogamente a quella dei conservatori oltre Oceano? Certamente – in America come in Italia – né l’una né altra hanno inciso, e anzi sono rimaste ai margini. Fermiamoci in Italia: c’è un link fra questa irrilevanza e per un verso il retaggio di equivoci “clericali”, per altro verso la scarsa attenzione alla formazione. Sul primo aspetto, c’è ancora chi nel mondo cattolico è convinto che l’iniziativa civica e politica dipende dall’input dei vescovi. Dimenticando che, fatti salvi i princìpi, la responsabilità del laicato è in prima persona, e che, come ha ricordato papa Francesco, non esistono i vescovi-piloti: è proprio dei laici all’interno della Chiesa occuparsi della polis, senza necessità di permessi.
Quanto al secondo aspetto si ritiene che, soprattutto in ambiti territoriali, la formazione si esaurisca con l’apprendimento delle regole per la buona redazione di una delibera o con la conoscenza delle differenze fra i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio: tutte cose importanti, che però non spingono a scelte coraggiose né orientano a definire il bene di una comunità; se mai consentono di realizzarlo una volta che si sia individuato. Una formazione del laico cristiano fondata sulla Dottrina sociale della Chiesa è ciò che gli fa capire quali sono i problemi di oggi e come individuare le soluzioni rispettose di coloro nel nome dei quali si guida una comunità. Ciò vale non soltanto per le politiche di welfare, ma anche per la valorizzazione delle risorse naturali e culturali disseminate nei territori dei nostri municipi: spesso la scarsa consapevolezza della ricchezza che abbiamo si traduce nel non rispetto della stessa e nel non cogliere le opportunità di lavoro che essa offre. Formazione adeguata è quella che fa evitare di brancolare nel buio quando un gruppo di fedeli dell’islam chiede di aprire una moschea: perché permette di capire che cosa è una moschea, e in che cosa non è equiparabile a una parrocchia. O che fa impostare con equilibrio l’accoglienza dei migranti, se si ha cura di distinguere, per esempio, i profughi dagli irregolari.