«Molti villaggi sono ancora sotto attacco. E mentre sto parlando con te, i cristiani vengono uccisi proprio ora, uomini e donne. I loro beni vengono distrutti. Le persone in campagna non possono più lavorare nei campi. Hanno paura di essere rapiti o uccisi. Le condizioni di sicurezza stanno peggiorando». A parlare, in un’intervista al ramo francese di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), è padre John Bakeni, che svolge il suo ministero sacerdotale nella diocesi di Maiduguri, nel nord della Nigeria, dove è responsabile del coordinamento degli aiuti agli sfollati e ai sopravvissuti agli attacchi terroristici.
L’appello di padre Bakeni si aggiunge a quello di altri sacri ministri che denunciano l’escalation delle persecuzioni in Nigeria (circa 200 milioni di abitanti, suddivisi più o meno equamente tra fedeli cristiani e musulmani), dove negli ultimi mesi sono stati uccisi centinaia di cristiani. «La persecuzione della minoranza cristiana nel nord della Nigeria va avanti da molto tempo. Si va dall’esclusione politica al rifiuto di assegnare terreni per l’edificazione delle chiese, fino al rapimento e al matrimonio forzato delle ragazze. Gli abusi contro i cristiani stanno diventando sempre più violenti e aggressivi. I conflitti in corso con Boko Haram e gli attacchi dei pastori fulani, in maggioranza musulmani, hanno creato un grande senso di insicurezza e paura tra noi nigeriani», afferma il sacerdote, aggiungendo subito dopo: «Ogni giorno vissuto in sicurezza è una benedizione perché non sappiamo cosa accadrà il giorno dopo. Ma la nostra fede ci stimola a testimoniare coraggiosamente il Vangelo».
Una situazione che fa a pugni con lo stato del cristianesimo in Europa. Lo stesso padre Bakeni dice che «è triste vedere che i Paesi che sono stati dei pionieri, e sono stati costruiti sui valori cristiani, si stanno allontanando dalla fede». Dopo aver accennato agli aiuti ricevuti, tra cui quello dell’Ungheria, il sacerdote ha risposto così a una domanda su cosa dovrebbe fare la maggioranza pacifica dei musulmani: «L’islamismo è una distorsione dell’islam. Il silenzio della maggioranza dei musulmani è inquietante. La gente dovrebbe opporsi all’islamismo e denunciarlo». Riguardo infine a cosa possono fare gli europei per i cristiani nigeriani perseguitati, il sacerdote spiega che «il primo e principale supporto è pregare per noi», in secondo luogo serve un aiuto economico e infine è importante che i governi europei chiedano a quello nigeriano di garantire la libertà religiosa.
SRI LANKA, “I MORTI NEGLI ATTACCHI SONO DEI SANTI”
Spostando il nostro sguardo su un altro Paese dove si conserva una fede viva, lo Sri Lanka, va segnalata la buona notizia della riapertura al culto del santuario di Sant’Antonio, la prima delle tre chiese devastate dagli attentati islamisti nel giorno di Pasqua e in cui le vittime erano state 54 (su un totale accertato di 258, stragi negli hotel incluse). La prima Messa dal bagno di sangue si è tenuta il 13 giugno, proprio nel giorno di sant’Antonio di Padova, ed è stata presieduta, come già la benedizione alla vigilia, dal cardinale e arcivescovo di Colombo, Malcolm Ranjith. «Coloro che sono morti negli attacchi sono dei santi. Li ricorderemo ogni giorno. Non ci dimenticheremo neppure dei loro cari. Ogni centesimo raccolto sarà speso per il benessere di queste famiglie», ha detto Ranjith, come riferisce Asia News.
Di fronte all’arcivescovo, i banchi della chiesa pieni di fedeli, con i cuori certamente ancora pieni di dolore per quanto successo ma che non cedono alla disperazione. Perché vivificati dalla gioia cristiana di chi rende lode a Dio per il Suo sacrificio che si rinnova in ogni Santa Messa, anelando all’eternità del Paradiso.
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