Finalmente pare che la missione possa iniziare: dopo mesi di rinvii, che avevano portato lo stesso direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, fino ad ora vicino al mondo orientale, a dirsi «molto deluso», la notizia è che domani, giovedì 14 gennaio, gli esperti dell’Oms potranno finalmente fare il loro ingresso in Cina per avviare l’inchiesta internazionale sulle origini del Covid-19. L’annuncio è arrivato lunedì 11 da parte della Commissione sanitaria cinese.
Sono state evidentemente dunque risolte le questioni “procedurali” e si sono dunque raggiunti gli invocati “accordi speciali”, che erano stati richiamati dal ministro degli esteri cinese nel giustificare i ritardi di Pechino nel rilasciare il visto di ingresso agli studiosi: «Affinché il lavoro del gruppo internazionale di esperti in Cina si svolga senza intoppi», aveva infatti affermato, «è necessario seguire i percorsi procedurali necessari e prendere accordi speciali». Senza intoppi per chi e rispetto a cosa, è possibile solamente congetturarlo.
COME SI SVOLGERÀ LA RICERCA
Dunque, alla luce della decisione presa ancora nel maggio scorso dall’assemblea dell’Oms, un gruppo di esperti farà il proprio ingresso in Cina. Rimangono ancora tuttavia da chiarire le modalità con cui la ricerca avrà luogo: «Le autorità sanitarie cinesi hanno precisato che il team dell’Oms lavorerà in collaborazione con i medici locali», riporta AsiaNews. Per proseguire: «Non hanno spiegato però se la missione si recherà in vista a Wuhan e potrà intervistare i dottori che per primi hanno dato l’allarme sullo “strano morbo”». Medici che, riporta la cronaca, sono stati fin da subito censurati dal governo cinese: basta richiamare, su tutti, Ai Fen, capo del dipartimento per le emergenze dell’ospedale centrale di Wuhan, che già a metà dicembre 2019 aveva dato l’allarme e a Li Wenliang, morto di Covid il 7 febbraio scorso, che era a sua volta stato fermato dalla polizia per lanciato la segnalazione del pericolo.
Addirittura, secondo quanto riportato da Le Figaro, sarebbe stato chiesto ai medici dell’Oms di «fare affidamento sulle indagini già svolte da Pechino per la valutazione dei dati».
HA AVUTO TUTTO ORIGINE A WUHAN?
In tutto questo, torna a farsi prepotentemente strada l’ipotesi, emersa agli albori della pandemia e poi messa da parte e bollata come ipotesi da “complottisti”, che il virus con cui il mondo si trova a fare i conti oramai da un anno sia fuoriuscito dal laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan.
François Godement, specialista del think tank indipendente francese Institut Montaigne, ha affidato la sua lettura a un tweet: «Ora, dovrebbe essere ovvio che se la Cina continua a rifiutare un’indagine dell’OMS anche nei termini più miti, e guidata da uno scienziato che è stato il principale oppositore dell’ipotesi di un incidente di laboratorio, è perché ha qualcosa di molto serio da nascondere». E, aggiunge, «da un anno a questa parte, la Cina “ha fatto ogni sforzo per far dimenticare che la pandemia è venuta da lì”». Il governo di Pechino ha infatti messo in atto una potente narrazione dei fatti a senso unico, dentro e fuori i confini del Paese, al fine di sviare l’attenzione mondiale dalle proprie responsabilità e far apparire una realtà a proprio favore. E, in larga parte e per diversi mesi, pare esserci riuscita, sostiene Valérie Niquet, esperto del mondo asiatico di un altro think tank indipendente francesce, La Foundation for Strategic Research. Condividendo le riflessioni di Godement, Niquet si spinge anche oltre, sostenendo che tuttavia quello che a suo avviso risulta più preoccupante non sono tanto questi ragionamenti, pur importanti, quanto il fatto che la Cina non pare aver imparato nulla dai propri errori: il sistema rimane corrotto e questo significa che non è escluso che tutto «ricominci e un nuovo virus riemerga in un anno o due».
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