Nel mezzo della quarantena che ormai stanno vivendo, seppur in forma leggermente diversa, anche gli Stati Uniti, il National Catholic Register, in un articolo a firma di Sophia Feingold, rispolvera un volume particolarmente attuale: “Firenze sotto assedio. Sopravvivere alla peste in una città dell’epoca moderna”, di John Henderson, uscito nel 2019 per Yale University Press. L’ultimo capitolo del libro in particolare è dedicato a come la Chiesa di Firenze ha gestito la peste del 1630.
Si legge che le Messe si tennero regolarmente nonostante la minaccia della pestilenza, e che le cose iniziarono a cambiare quando l’epidemia di peste effettivamente toccò la città. Ancor prima che il Consiglio di Sanità Pubblica esprimesse disapprovazione per le assemblee pubbliche, l’arcivescovo mise in campo delle misure per limitare il contagio: innanzitutto la chiusura delle porte del Duomo, «ad eccezione di due ingressi laterali, per impedire alle persone di radunarsi tra la folla». Misure eccezionali vennero adottate anche per la confessione. «Ai sacerdoti fu detto di tenere il popolo a distanza, intorno ai confessionali furono costruite rotaie di legno e al loro interno fu appesa una cortina di pergamena per creare una barriera tra il sacerdote e il pubblico. In questo modo si sperava che il respiro di qualsiasi persona malata non “offendesse” il confessore».
Anche le visite degli ammalati da parte dei sacerdoti vennero normate, in particolare i loro abiti dovevano essere realizzati in stoffa cerata, che veniva considerata resistente al contagio. Non solo. «Nel dare la comunione in chiesa, al sacerdote fu detto di tenere un panno davanti a sé e di stare sempre tra due coni di cera gialli accesi, in modo che l’aria fosse purificata, e dopo la comunione doveva disinfettarsi le dita con l’aceto».
Inoltre il vescovo «chiese e ottenne rapidamente da papa Urbano VIII l’indulgenza e grazie spirituali per i fiorentini e, inoltre, la concessione che dire una Corona del Signore equivaleva a partecipare alla Messa per coloro che non erano in grado di lasciare le loro case durante la quarantena. La popolazione fu istruita a prepararsi spiritualmente confessandosi e facendo la Comunione prima dell’inizio della quarantena e digiunando il sabato precedente affinché il Signore, vedendoci preparati e puliti dalla sporcizia dei peccati, volesse liberarci dalla contagiosa sopra menzionata malattia».
Per quanto riguarda la Messa, l’arcivescovo aveva anche ottenuto il permesso del Papa per consentire la celebrazione nelle strade della città. Ecco come la descrive Henderson: «Ogni domenica mattina il Santissimo Sacramento veniva portato agli altari temporanei eretti agli angoli della strada. Per avvisare la popolazione che la Messa stava per iniziare, suonava una piccola campana, a quel punto tutti si precipitavano alle finestre e alle porte d’ingresso. Al termine della Messa il sacerdote cantava l’inno “Stella Coeli estirpavit” e le litanie della Madonna, alle quali la popolazione rispondeva. Oltre alla messa domenicale, gli altari agli angoli della strada erano il centro della celebrazione quotidiana del Rosario. Gli abitanti partecipavano inginocchiandosi alle finestre e alle porte e cantando in risposta al prete con voce alta a cori, concludendo con tre Pater Noster e tre Ave Maria. Questo deve essere stato uno spettacolo straordinario e ha commosso testimoni oculari, come è evidente nel commento di Francesco Rondinelli sulla scena: “E chi aveva sentito un’intera città pregare all’unisono era come se avesse udito un coro di religiosi, e con la tenerezza non era possibile contenere le lacrime. E una cosa bellissima in alcune strade con i poveri vedere le luci ad ogni finestra; e tutte le lodi alla Madre di Dio risuonavano ovunque»
La storia dimostra che tutela della salute pubblica e pratica della fede non sono inconciliabili. E che la volontà sviluppa la fantasia. Negli Stati Uniti qualcuno ipotizza, dopo le confessioni drive through, le Messe drive through, con i fedeli cioè chiusi nell’abitacolo delle loro auto. Chi lo sa che questo aiuti anche in Italia a sviluppare l’ingegno visto che per ora è consentito andare in chiesa solo se sulla strada per fare qualcos’altro considerato indispensabile dal decreto in vigore. Invece è necessario e possibile provare a mettere in campo soluzioni, che tengano insieme fede e ragione, prudenza, Sacramenti e Santa Messa. Perché è possibile e doveroso, anche ai tempi del coronavirus.
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