Tra gli effetti collaterali della terribile guerra in corso sembra essercene uno ancora poco considerato: l’abiura di tutti i must a cui l’Occidente si è finora prostrato. Una eterogenesi dei fini che potrebbe sfociare in una catarsi, in una purificazione, oppure, al contrario, essere soltanto la foto di una stagnante ipocrisia.
LA DISABILITÀ E I DOODLE DI GOOGLE
L’elenco dei rinnegamenti è lungo. Le scuole, per esempio, che si vogliono giustamente sempre più accoglienti e inclusive, si occupano ogni giorno del complesso tema delle disabilità: certificazioni, formazione dei docenti, monitoraggio della qualità dell’inclusione. Gli insegnanti, da parte loro, ormai da anni hanno moltiplicato i loro impegni con le progettazioni didattiche intorno ai BES. Gli alunni, infine, passano settimane e mesi sui progetti riguardanti la disabilità e viene insegnato loro che i “diversamente abili” sono una risorsa. «L’unica disabilità nella vita è il cattivo atteggiamento», «non è disabile chi non usa le gambe, ma chi non usa il cervello», «la disabilità è negli occhi di chi la guarda»: frasi come queste sono il pane quotidiano nelle scuole di ogni ordine e grado. Ma che succede in questi giorni? Il Comitato paraolimpico internazionale (Ipc) rifiuta gli atleti disabili russi e bielorussi per i Giochi invernali di Pechino 2022 aperti ieri.
Una decisione senza precedenti, dettata dalle proteste di numerose nazioni e dalla minaccia del boicottaggio. Agli 83 disabili esclusi,il presidente dell’IPC Andrew Parson, massimo organo paralimpico, ha indirizzato una mano tesa che sa di beffa: «Siete delle vittime delle azioni dei vostri governi, ma con una vostra permanenza molte nazioni si ritirerebbero rendendo di fatto impossibile lo svolgimento dei Giochi». L’impressione, insomma, è che le “Giornate per l’inclusività” (come i doodle di Google) servano solo a lavare le coscienze.
GRETA TRADITA DAL CARBONE
Il discorso non cambia se si passa all’ecologia. Per la nuova religione verde il carbone è il diavolo, l’origine di tutti i mali, il “cattivo” che gli accordi di Glasgow (la CoP26) non sono riusciti totalmente a sconfiggere, lasciando a molti l’amaro in bocca. Eppure in questi giorni il Sole24ore ci informa che «il pronto soccorso energetico potrebbe passare […] per le centrali a carbone», precisando subito che si tratta di quelle centrali «che nel 2025 dovrebbero essere spente in nome della transizione energetica». «Nel frattempo», si legge sul quotidiano di Confindustria, «le ultime sette centrali a carbone presenti in Italia […] potrebbero essere un’ancora di salvezza».
Come possa il carbone passare dall’essere il male assoluto, l’acerrimo nemico di Greta (davanti alla quale ricordiamo un genuflesso ministro Cingolani ma che in questi giorni viene tenuta lontanissima dai microfoni) al diventare addirittura un’«ancora di salvezza» è un segno di questi tempi fluidi.
GUERRA AI GATTI RUSSI
Gli animali non erano migliori degli uomini perché – parole della leader animalista Maria Vittoria Brambilla – «sanno solo amare»? Una volta, forse. Oggi non più. La Federazione internazionale felina (Fife) ha deciso che i gatti russi saranno banditi dalle esposizioni internazionali «in virtù delle ultime vicissitudini legate alla guerra in Ucraina». Il Corriere dello Sport titola: «La federazione internazionale dei gatti: “Niente gatti russi nelle nostre competizioni”». Infischiandosene non solo della Brambilla, ma anche di Kant (che nelle Lezioni di Etica scriveva: «Possiamo conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui tratta gli animali») e del Mahatma Gandhi (per il quale «la grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali») alla International Cat Federation sono assolutamente categorici, imperativi, senza cuore: «Nessun gatto appartenente a espositori che vivono in Russia può essere iscritto a qualsiasi fiera FIFe al di fuori della Russia, indipendentemente dall’organizzazione a cui fanno parte questi espositori». Anche il mito animalista, così, esce malconcio.
QUELLE ARMI “ROMANTICHE” (AI MINORENNI)
Da Adnkronos arriva conferma che a Kiev, accogliendo l’appello del governo, «ragazzi di 15-16 anni preparano bombe molotov con la benzina». In questo modo non può non andare in fumo altra retorica. Se le agenzie educative, dalle scuole alle parrocchie, hanno sempre sensibilizzato al disarmo, se équipe di psicologi lavorano ancora oggi per recuperare quei bambini che dall’Africa all’Asia hanno perduto l’innocenza maneggiando armi, risulta quantomeno strano scorgere del romanticismo in (pericolose) bottiglie molotov preparate da minorenni. Anche su questo tema, come sugli altri, non si trovano commenti controcorrente.
Il fatto che sullo sfondo ci sia la commozione per il patriottismo ucraino, non solo non legittima la fornitura di armi ai minorenni, ma squaderna un ulteriore paradosso, che Antonio Socci ha sintetizzato in un tweet: «Patria, sovranità nazionale, difesa dei confini, indipendenza… Da anni sentiamo che sono brutte parole e chi le pronuncia è sospetto… Ora di colpo diventano parole sacre per cui combattere. Ma tranquilli: vale solo se si parla di Ucraina». Riprendendo il tema su Libero, Socci – uno dei pochi ad avere il coraggio di porre certe domande – si chiede: «Chi ha detto che quei valori debbano valere solo in caso di guerra e di invasioni di eserciti nemici?». In ogni caso anche la retorica anti-Patria (Michela Murgia voleva addirittura bandire la parola per una più equa e adeguata “Matria”) in queste ore è stata arrestata. La domanda è: quanto reggerà il blocco?
«SENZA DIO TUTTO È POSSIBILE»
C’è infine l’immenso tema della cultura, quella che fino a ieri doveva “unire i popoli”. Dopo il ban a Fedor Dostoevskij, parzialmente rimangiato, dell’Università Bicocca (su cui il Timone ha già scritto e la cui gravità può essere compresa solo con il commento definitivo di Adriano Sofri sul Foglio: «Ci sono cose che non possono accadere. Non si immaginano, nemmeno quando si scherza. Poi succedono, e c’è una sospensione, un silenzio immobile e attonito») ci si è ricascati: sono stati banditi i libri russi dalla Fiera del libro per ragazzi a Bologna. Il comunicato stampa, riportato dal Corriere della Sera, contiene tutta la schizofrenia di queste giornate: mentre con una mano si vieta ogni pubblicazione per ragazzi proveniente dalla Russia, con l’altra candidamente si afferma: «I libri sono da sempre ponti tra le culture e mai come oggi l’industria editoriale, per bambini, ragazzi e per tutti i lettori, è di fondamentale importanza per costruire la pace».
La recidiva dice che il problema esiste, e che la frase più nota del grande scrittore russo, «senza Dio tutto è possibile», spiega un rinnegamento totale (e imbarazzante) di tutto ciò che fino ad oggi la nostra società ha idolatricamente ossequiato.
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