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Con GP I incamminato verso gli altari, l’Humanae Vitae avrà  il terzo Papa santo suo difensore
NEWS 13 Novembre 2017    

Con GP I incamminato verso gli altari, l’Humanae Vitae avrà il terzo Papa santo suo difensore

di Francesco Agnoli, da La Nuova Bussola Quotidiana

 

La volta scorsa si ricordava brevemente l'elezione e la morte di Giovanni Paolo I, nel 1978. Facciamo ora un passo indietro, e andiamo dieci anni prima.

Siamo nel 1968, l'anno in cui esce l'enciclica Humanae vitae di Paolo VI, che sarà il suo calvario e romperà definitivamente la possibilità per la Chiesa di annullarsi nel mondo. Molti cardinali, interi episcopati del nord Europa attaccano Montini, reo di aver detto un no deciso alla rivoluzione dei costumi allora imperante; un no deciso, per essere sintetici, alla pillola anticoncezionale, vista come l'inizio della separazione tra sesso e procreazione, ma anche tra uomo e donna. Oggi, mentre assistiamo all'incalzare della fecondazione artificiale o dell'utero in affitto, che proseguono in questa scissione di ciò che in natura è strettamente connesso, l'enciclica Humanae vitae dovrebbe essere rilanciata e spiegata, perchè non perde affatto la sua validità, e perchè è stata confermata da tutti i papi successivi. Invece assistiamo, 50 anni dopo, ad un tentativo di rimetterla in discussione, all'interno della Chiesa. Alcuni commentatori, come Andrea Tornielli, per suffragare tale tesi, chiamano in causa proprio Albino Luciani, sostenendo che l'allora patriarca di Venezia, prima dell'enciclica di Montini, fosse favorevole alla pillola.

Ma le cose stanno proprio così?

Monsignor Gino Oliosi, esorcista ed ex penitenziere della diocesi Verona, docente di filosofia e teologia, autore di svariate pubblicazioni per l'editore Fede & Cultura, ha conosciuto bene Albino Luciani, con cui ha spesso collaborato. Ci racconta:

«L'enciclica uscì in un momento in cui ero insieme ad Albino Luciani per un seminario. Ebbi il compito di leggerla e spiegarla. Mi buttai nell'impresa e sostenni una posizione che il futuro Giovanni Paolo I trovò corretta e sposò senza indugi. Tanto è vero che Luciani, subito dopo, incontrò personalmente tutti i sacerdoti della sua diocesi per spiegarla e farla accettare a chi non la avesse ancora compresa. La posizione è la seguente: l'enciclica di Montini esprime con intelligenza e fede profonda il pensiero della Chiesa, per il quale da una parte è impossibile separare ciò che Dio stesso ha unito, senza svilire e corrompere la sessualità umana; dall'altra, tenendo insieme oggettivo e soggettivo, occorre essere sempre pronti a sostenere e ad accogliere chi, avendo sbagliato, cerca di rialzarsi. La morale cattolica, infatti, non è la morale kantiana, ma esprime una tensione, umana e perciò fragile, verso il bene. In fondo è lo stesso ragionamento che la Chiesa ha sempre fatto, anche per la castità prematrimoniale: infrangerla costituisce peccato, ma perdonabile nella misura in cui vi sia il tentativo di rialzarsi. Lo stesso, ancora, si deve dire del rapporto tra due persone che, dopo un matrimonio fallito, stanno insieme: Giovanni Paolo II ricordava che devono vivere non more uxorio, ma more sororio, perchè il matrimonio cattolico è indissolubile. Certamente può capitare che nel loro sforzo di vivere castamente, cadano: l'importante è che si sforzino di non ricadere. Non possiamo, invece, rendere buono e giusto, accettabile di per sè, ciò che non lo è mai, e che la Chiesa e la Bibbia chiamano adulterio».

Questa posizione, in cui oggettivo e soggettivo non sono in conflitto, verrà sempre ribadita, anche nel Vademecum per i confessori su alcuni punti di morale attinenti alla vita coniugale, a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia del 12 febbraio 1997. Vi si legge infatti al punto 2.4: «La Chiesa ha sempre insegnato l'intrinseca malizia della contraccezione, cioè di ogni atto coniugale reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento è da ritenere come dottrina definitiva ed irriformabile. La contraccezione si oppone gravemente alla castità matrimoniale, è contraria al bene della trasmissione della vita (aspetto procreativo del matrimonio), e alla donazione reciproca dei coniugi (aspetto unitivo del matrimonio), ferisce il vero amore e nega il ruolo sovrano di Dio nella trasmissione della vita umana».

Mentre al 3.5: «Il confessore è tenuto ad ammonire i penitenti circa le trasgressioni in sé gravi della legge di Dio e far sì che desiderino l'assoluzione e il perdono del Signore con il proposito di rivedere e correggere la loro condotta. Comunque la recidiva nei peccati di contraccezione non è in se stessa motivo per negare l'assoluzione; questa non si può impartire se mancano il sufficiente pentimento o il proposito di non ricadere in peccato».

Ma torniamo ad Albino Luciani. La testimonianza di mons. Gino Oliosi riguardo al patriarca di Venezia e al suo rapporto con Humanae vitae è confermata dai suoi scritti e dal più imponente studio sul tema, I veleni della contraccezione (ESD), a cura del medico e bioeticista Renzo Puccetti.

In quest'opera imprescindibile si analizza, grazie ad una bibliografia sterminata, sia il dibattito interno alla Chiesa che portò ad Humanae vitae, sia la validità scientifica, oggi ancora più evidente di ieri, dell'encliclica stessa. Ebbene, proprio a riguardo di Luciani, Puccetti ricorda un passaggio della sua omelia in occasione della Messa in suffragio di Paolo VI, il 9 agosto 1978, pochi giorni prima della sua elezione al soglio di Pietro, nella Basilica di san Marco.

Rievocando il papa defunto, Luciani affermava:

«La fede da conservare e da difendere fu il primo punto del suo programma. Nel discorso dell’incoronazione, il 30 giugno 1963, aveva dichiarato: “Difenderemo la santa Chiesa dagli errori di dottrina e di costume, che dentro e fuori dei suoi confini ne minacciano l’integrità e ne velano la bellezza”. San Paolo aveva scritto ai Galati: “Se un angelo del cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema” (Gal 1, 8). Angeli, ai nostri giorni, possono venire considerati la cultura, la modernità, l’aggiornamento, tutte cose cui teneva moltissimo papa Paolo. Ma quando esse gli parvero contrarie al Vangelo e alla sua dottrina, egli disse no inflessibilmente. Basti accennare alla Humanae vitae, al suo “Credo”, alla posizione da lui presa circa il catechismo olandese, alla chiara affermazione sull’esistenza del diavolo. Qualcuno ha detto che l’Humanae vitae è stata un suicidio per Paolo VI, il crollo della sua popolarità e l’inizio di critiche feroci. Sì, in un certo senso, ma egli l’aveva previsto e, sempre con san Paolo, s’era detto: “… È forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio?… Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo” (Gal 1, 10). San Paolo aveva anche detto di sé: “Sono stato crocifisso con Cristo” (Gal 2, 20). Paolo VI confidò: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio [pontificale] non già perché io abbia qualche attitudine o io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che egli, non altri, la guida e la salva”. Ha anche detto: “Il Papa ha le pene, che gli provengono anzitutto dalla propria insufficienza umana, la quale ad ogni istante si trova di fronte e quasi in conflitto con il peso enorme e smisurato dei suoi doveri e della sua responsabilità. Ciò arriva talvolta sino all’agonia”».

Non bisogna dimenticare, per capire Luciani, che egli era anzitutto un catechista, e che riteneva che la dottrina non fosse un vecchio arnese passato di moda da sostituire con una pastorale proteiforme e nebulosa, ma fosse, al contrario, l'origine e il fine della pastorale stessa. In questo si trovò sempre in grande conflitto con un pensiero, così ben analizzato da Stefano Fontana nel suo La nuova Chiesa di Karl Rahner (Fede & Cultura) allora sempre più pervasivo: quello, appunto, del gesuita Karl Rahner. Su questo argomento torneremo nella prossima puntata.