Il 21 marzo si è celebrata la Giornata mondiale sulla sindrome di Down e puntualmente sui mezzi di informazione mainstream c’è stato un profluvio di servizi per ricordare l’importanza della ricorrenza e sensibilizzare sul tema, per esempio parlando dell’accesso al mondo del lavoro delle persone nate con questa sindrome. Tutto molto giusto, se non fosse che ancora una volta quegli stessi media hanno manifestato un generale mutismo, tacendo sulla questione fondamentale: la quantità di bambini con sindrome di Down che vengono abortiti ogni anno, dopo essere stati “individuati” attraverso le varie tecniche di diagnosi prenatale. La linea dell’ipocrisia sta proprio qui: pretendere che si possa fare opera di sensibilizzazione rispetto alle persone già nate con un cromosoma in più mentre veniamo continuamente martellati sul “diritto” di eliminare quelle stesse persone prima che nascano.
Esemplificativo è l’atteggiamento dell’Onu, che a livello di Assemblea Generale ha fatto sua questa giornata mondiale mentre a livello di agenzie e commissioni promuove in tutto il mondo misure eugenetiche, arrivando al paradosso della dichiarazione del settembre 2018, quando il Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw, nell’acronimo inglese) e il Comitato per i diritti delle persone con disabilità (Crpd) hanno messo insieme nero su bianco che «l’accesso all’aborto sicuro e legale» è «un prerequisito per salvaguardare i diritti umani delle donne», con buona pace dei bambini abortiti perché ritenuti imperfetti e delle piccole donne abortite per il solo fatto di essere femmine. Stando ai dati recenti sui bambini con sindrome di Down, questo tipo di mentalità si traduce in percentuali elevatissime di aborti: come riferisce Life Site News, circa il 65% in Norvegia, il 90% nel Regno Unito, il 95% in Spagna, per arrivare a quasi il 100% in Islanda.
Ci piace ricordare un altro dato, che cozza con il pessimismo tipico della cultura abortista, e cioè che quasi il 99% delle persone con sindrome di Down si dichiarano felici della propria vita, come si legge in uno studio pubblicato nel 2011 sull’American Journal of Medical Genetics. E vai a trovare una percentuale simile nel resto della popolazione… Al di là dei dati, non c’è “compassione” che tenga quando questa si traduce nel rifiuto dell’infinita preziosità di ogni vita, che più si sente amata e più facilmente restituisce e genera amore.
In coincidenza con la Giornata mondiale sulla sindrome di Down, un gruppo pro life canadese che si chiama argutamente Choice42 («Choice for two», scelta per due) ha pubblicato un nuovo video che in 60 secondi, con una buona dose di ironia, mette a nudo proprio la falsa compassione che sta dietro a certa propaganda. Le protagoniste del video sono Laura Klassen, la giovane con la parrucca rosa e fondatrice di Choice42, e una ragazza con la sindrome di Down, che indossa una parrucca blu. Buona visione…
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