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24.12.2024

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Come sostenersi gli uni gli altri? La risposta di Gregorio Magno
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29 Novembre 2021

Come sostenersi gli uni gli altri? La risposta di Gregorio Magno

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore pubblichiamo uno stralcio del libro di Gianluca Attanasio, Una strada nella tempesta. Attualità dell’esperienza di Gregorio Magno, Edizioni Cantagalli, Siena, pag. 208, € 17,00

Animato dal desiderio di trasmettere le grazie ricevute, Gregorio si dedica senza riserve alla missione. Anzitutto egli percepisce il dovere di insegnare. Secondo Gregorio, conformemente alla visione comune a tutto il Medioevo, la comunità ecclesiale è caratterizzata da una profonda distinzione gerarchica tra i predicatori che istruiscono e il popolo che apprende. Gregorio è tuttavia convinto che il livello più profondo di quell’edificio spirituale che è la Chiesa non stia nella separazione dei ruoli, quanto piuttosto nell’amore reciproco vissuto tra i battezzati:

«In un edificio una pietra sostiene l’altra, perché si mette una pietra sopra l’altra e chi sostiene un altro è a sua volta sostenuto da un altro. Così, proprio così, nella santa Chiesa ciascuno sostiene ed è sostenuto. […] Perché come io cerco di tollerare i costumi di coloro che sono ancora rozzi nel praticare il bene, così sono stato tollerato da quanti nel timore del Signore mi hanno preceduto e portato, affinché portato, a mia volta imparassi a portare gli altri. Ma anch’essi sono stati portati dai loro antenati» (Om. Ez. II, I, 5).

Nella Chiesa, nessuno, nemmeno il Papa, può concepirsi orgogliosamente come colui che sostiene tutti. Piuttosto ciascuno è sostenuto da alcuni e sostiene altri. Pensiamo alla nostra storia personale. All’inizio del nostro cammino, siamo stati introdotti alla fede dai nostri genitori, dai catechisti, dai sacerdoti e dagli educatori che hanno segnato la nostra formazione. Più avanti, se ci è stato concesso di incontrare persone capaci di aprire la nostra anima alla vita divina, ci siamo scoperti capaci di donare a nostra volta le grazie ricevute. Non solo: se è vero che normalmente la maturità e la sapienza degli anziani sostengono i giovani e gli inesperti, è vero anche che i più piccoli possono aiutare gli altri con la loro curiosità e semplicità. Tutti i membri della comunità cristiana si sostengono a vicenda. Un parroco, ad esempio, ha bisogno di essere aiutato da altri sacerdoti e dalle tante persone che collaborano con lui. In forza del loro esempio, del loro insegnamento e della loro disponibilità, si trova a sua volta capace di sostenere tutti coloro che trovano in lui un punto di riferimento. Qualcosa di simile accade nelle famiglie: i genitori, per sorreggere i figli, devono aiutarsi vicendevolmente.

Per spiegare cosa significhi, concretamente, sostenersi gli uni gli altri, Gregorio afferma quanto segue: «Se io non mi sforzo di accettare voi così come siete e voi non vi impegnate ad accettare me così come sono, non può sorgere l’edificio della carità tra noi, che pure siamo legati da amore reciproco e paziente» (ibidem).

Il primo passo della carità consiste nell’accogliere gli altri così come sono: il confratello, il marito, la moglie, i figli, i parrocchiani… Non è sempre facile. Tante volte ci sorprendiamo a sperare che le persone che abbiamo vicine siano diverse. Vorremmo che ci capissero di più, che ci dedicassero più attenzioni, che non avessero determinati difetti. Vorremmo addirittura che esse fossero altre. Senza accettazione dell’altro, però, non sorge alcuna comunità.

DA DOVE PARTIRE

Gregorio non si limita a prospettare un grande ideale di fraternità. Egli indica anche la strada da percorrere affinché questo ideale non resti una vuota utopia: «I più vicini si sostengono a vicenda, e così per mezzo di essi si innalza l’edificio della carità» (ibidem).

Per amare, occorre partire dalle persone più vicine, tenendo conto che esse, nella maggior parte dei casi, sono persone che non si è scelte. Un sacerdote, ad esempio, non può amare astrattamente la sua comunità. Egli dovrà cominciare da alcuni, cioè dai più vicini, per poi aprirsi anche agli altri. Similmente un padre e una madre impareranno ad amare il mondo solo iniziando a voler bene ai propri figli. Nel tempo, essi passeranno ad amare gli amici dei figli e poi, come per cerchi concentrici, altre famiglie, i membri della comunità parrocchiale, i colleghi di lavoro, i vicini di casa… A un certo punto, per grazia di Dio, essi riconosceranno di amare anche le persone incrociate solo di sfuggita lungo il cammino della vita. (…)

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