Sono passati quasi quattro mesi dall’accordo provvisorio tra la Cina e il Vaticano sulla nomina dei vescovi, il cui testo, sottoscritto il 22 settembre 2018, rimane segreto. Dell’accordo ha parlato nei giorni scorsi papa Francesco, nel tradizionale discorso ai membri del corpo diplomatico presso la Santa Sede, definendolo «frutto di un lungo e ponderato dialogo istituzionale, mediante il quale si è giunti a fissare alcuni elementi stabili di collaborazione tra la Sede Apostolica e le Autorità civili» e auspicando che esso contribuisca «ad assicurare quegli spazi necessari per un effettivo godimento della libertà religiosa».
Eppure la situazione della Chiesa cattolica nel grande Paese asiatico non accenna a migliorare, a causa di un’ideologia politica, quella del Partito comunista, che vuole soffocare il cristianesimo e in generale la libertà religiosa. La morsa della dittatura «rossa» non si è allentata nemmeno durante il Natale, anzi le autorità hanno fatto di tutto per mettere in pratica il divieto per i minori di 18 anni di entrare in chiesa, dando seguito all’ulteriore giro di vite determinato dai nuovi regolamenti sull’attività religiosa, entrati in vigore lo scorso febbraio.
Per riuscire in questo boicottaggio delle celebrazioni per la nascita di Gesù, il governo comunista ha coinvolto pure le scuole. Come ha scritto su Asia News padre Stanislao, un sacerdote della Cina nordorientale: «Prima di Natale il Dipartimento dell’educazione ha informato ogni scuola, a voce o per iscritto, che si dovevano continuare le lezioni durante il giorno e di sera. Inoltre ha dato disposizioni perché gli studenti durante le feste natalizie non facessero regali e non organizzassero feste o incontri a sfondo religioso. Fortunatamente confidando nella grazia di Dio i nostri ragazzi, chi prima e chi dopo, uno dopo l’altro, sono venuti alla Messa di mezzanotte».
In altre città, testimonia padre Stanislao, ai fedeli più giovani è stato impedito di partecipare all’Eucaristia nella notte di Natale: «La mattina presto ho ricevuto una chiamata di mia madre: parlava in modo concitato. Mi ha detto che alla chiesa del nostro villaggio i funzionari del governo avevano severamente proibito ai minori di partecipare alle funzioni e ne era nato un litigio che non si calmava. Alla fine il parroco per procedere con la funzione, ha almeno benedetto i bambini, lasciandoli poi ritornare a casa». Scene simili si sono ripetute in altre chiese, compresa quella «di una grande città della mia provincia» dove «al cancello e alla porta sono stati messi dei sistemi di sicurezza» sia per controllare sia per far tornare a casa i credenti.
Di fronte a questo controllo ferreo da parte delle autorità comuniste, risulta oltremodo stucchevole la propaganda che lo stesso regime porta avanti. Padre Stanislao riferisce le parole pronunciate in un notiziario dalla signora Wah, portavoce del ministro degli esteri: «Voi non capite la Cina. Non sapete quanti templi buddhisti e taoisti e chiese cristiane in Cina operano legalmente? I cittadini cinesi secondo la legge godono di piena libertà religiosa! Abbiamo preso misure preventive contro i terroristi e gli estremisti, per permettere a tanta gente comune di godere pienamente della libertà religiosa!», sostiene la portavoce governativa.
Nelle persecuzioni cinesi è una costante la guerra ai simboli religiosi, in primis la croce. Continua il sacerdote: «Nelle chiese di campagna della mia zona le croci sono state tolte e poi rimesse; ma forse in futuro verranno distrutte. È da notare che si tratta di luoghi di culto registrati». Un altro divieto ha riguardato i distici d’augurio per il nuovo anno cinese, distici che si mettono ai lati delle porte di casa e con cui i cristiani sono soliti veicolare messaggi di fede. Proibiti anche quelli, appunto, e addirittura distrutti nella zona in cui vive padre Stanislao. Il suo racconto, che stride con la diffusa apostasia che oggi pervade l’Europa, ricorda quali difficoltà sopportano e quali prove affrontano tanti cristiani – adulti, giovani e perfino bambini – sia in Cina che in altri contesti di persecuzione, pur di poter testimoniare la propria fede.
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