Il fondamentalismo religioso e il terrorismo si combattono davvero censurando la propria identità e le proprie radici? Secondo una certa tradizione francese, apparentemente sì.
Nella Francia ancora scossa dagli attentati del 13 novembre scorso, fa discutere il gesto di tre sindaci del Front National che si sono opposti al diktat dell'Associazione nazionale dei sindaci (l'equivalente della nostra Anci) che voleva imporre loro la rimozione del presepe da tutti i municipi del Paese.
I tre primi cittadini, che per amor di cronaca governano i Comuni di Cogolin, Fréjus e Luc-en-Provence, hanno preso carta e penna e scritto una lettera di protesta con cui annunciano le proprie dimissioni dall'associazione: "Protestiamo contro l'abbandono di tutte le nostre tradizioni e delle nostre radici culturali – scrivono gli amministratori locali – Non desideriamo più prendere parte a un'associazione che, con il pretesto di difendere la laicità, calpesta cultura e tradizioni del nostro Paese."
Il divieto all'esposizione del Presepe nei municipi scaturisce dalla pubblicazione di un "vademecum sulla laicità" promosso dall'Associazione nazionale dei sindaci francesi, che spiega di rifarsi alla famosa legge del 1905 sulla separazione tra le confessioni religiose e lo Stato. "Non si tratta di un diktat, ma di un vademecum – spiega la vicepresidente dell'associazione, Anès Lebrun – La stessa giurisprudenza francese è contraddittoria in materia, divisa tra chi ritiene che il presepe rappresenti una manifestazione del culto e chi lo intende come fenomeno esclusivamente culturale."
Il Front National però, che pure è famoso per la propria difesa della laicità repubblicana, rigetta queste tesi come pretestuose: "A quanto il divieto delle processioni votive? – domanda polemico il movimento di Marine Le Pen – I rappresentanti del Front National difendono con fermezza il principio di laicità, ma non ignorano la storia. È incontestabile che il Cristianesimo sia un'espressione della cultura francese."