Pubblichiamo l’omelia pronunciata da monsignor Alessandro Maggiolini (1931-2008) nella messa della domenica delle Palme il giorno 9 aprile 2006 (fonte):
di Alessandro Maggiolini
La processione che abbiamo compiuto dalla chiesa di S. Giacomo alla Cattedrale – la processione che vuole in qualche modo ripetere l’ingresso di Gesù in Gerusalemme – a una prima vista può sembrare un trionfo. E, invece, mescola atti d’amore purissimi e grossolanità e tradimenti che porteranno il Signore sulla croce.
Vediamo. In apertura c’è la donna che rompe il vaso di alabastro per ungere di olio profumato i piedi di Gesù. E Giuda fa le sue rimostranze, il risparmiatore che cova in animo il tradimento.
Ancora. C’è quell’anonimo che presta la stanza al piano superiore per celebrare la pasqua e istituire l’eucaristia (anonimo come colui che presta l’asino per entrare nella città santa).
Ancora. Si avverte la tristezza degli apostoli perché uno di loro tradirà il Maestro. Anzi, due di loro non lo riconosceranno nel suo mistero: Pietro è a un filo da Giuda: è il primo degli apostoli perché si lascia guardare negli occhi e piange amaramente.
Ancora. Ci sono i tre discepoli prediletti, Pietro, Giacomo e Giovanni, che sono scelti per amicizia, e invece, di fronte a un futuro di possibile persecuzione, si concedono al sonno: dormite ormai e riposatevi.
Ancora. C’è Giuda che vende il rabbì e con oscena disinvoltura lo bacia incassando il prezzo pattuito.
Ancora. Ci sono i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi che seguono da lontano il Signore Gesù e tramano per farlo condannare.
Ancora. Ci sono i soldati che sbeffeggiano e percuotono il Signore chiedendogli di indovinare chi lo ha colpito, dopo che gli hanno oscurato gli occhi. C’è la serva del sommo sacerdote che con una insinuazione petulante fa tradire Pietro prima che il gallo canti.
Ancora. Incatenano Gesù e lo consegnano a Pilato, lasciando che la folla preferisca Barabba.
Ancora. C’è l’incoronazione di spine e le percosse sul capo e gli sputi e le derisioni.
Ancora. C’è un uomo di Cirene che torna dalla campagna e aiuta il Signore Gesù a portare il legno della croce. Poi c’è l’inchiodatura delle mani e dei piedi al legno del patibolo: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?. E, chinando lentamente il capo, spira inviando il suo Spirito. C’è anche un’amicizia postuma che si rivela in Giuseppe di Arimatea che presta il sepolcro nuovo da cui Gesù risorgerà per la salvezza di tutti.
In quali di questi personaggi ci riconosciamo all’aprirsi della Settimana Santa? Con quale atteggiamento ci avviciniamo a Cristo per lasciarci salvare da lui o per condannarlo?
Con una notazione decisiva: la liturgia che ci fa leggere le pagine evangeliche non si limita a raccontarci un fatto lontano ed estraneo al nostro destino. Il Vangelo è un libro aperto dove dobbiamo entrare anche noi per schierarci con il Figlio di Dio o per irriderlo e condannarlo.
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