Da alcuni giorni tutti i telegiornali ci presentano con grande entusiasmo la notizia della trasformazione di una chiesa di Roma in dormitorio per i senzatetto, in difficoltà per il freddo; pare che anche in altre città italiane, invogliati dalla risonanza mediatica del fatto, parrocchie o gruppi vogliano imitare cotanto esempio. L’assistenza ai bisognosi, infreddoliti e affamati, è un’opera sacrosanta, e, se fatta per carità cristiana, è infinitamente meritoria; questo è fuori discussione. Il fatto che avvenga in una chiesa ancora adibita al culto divino, è invece discutibile e può essere giudicato più o meno opportuno; in ogni caso nessuno di noi, nemmeno chi la critica, ne vuole fare una tragedia. Questo fatto, però, è emblematico e offre lo spunto per alcune riflessioni di carattere più generale, che ci aiutano a capire a che punto siamo con l’evoluzione del modo di essere cristiani oggi.
1) Anzitutto precisiamo che anche nei secoli passati le chiese sono state occasionalmente luoghi di rifugio e persino di pernottamento: accadeva però in situazioni eccezionali, come guerre, persecuzioni, epidemie; il fatto che a gennaio sia inverno non è propriamente un fatto sorprendente, anzi è evidente che si tratta di cosa ampiamente prevedibile e per la quale, quindi, ci si poteva attrezzare per tempo.
2) La chiesa in questione e la gran parte delle chiese della capitale e dell’Italia intera, hanno a fianco un palazzo, un convento, una canonica, insomma uno stabile più opportunamente e più agevolmente utilizzabile come dormitorio, dove i letti magari già ci sono e non devono essere trasportati e allestiti, e che magari è già provvisto di bagni, e dove magari c’è una cucina attrezzata e un refettorio con tavoli e sedie… per giunta si tratta quasi sempre di enormi strutture rimaste semivuote, vista la scarsità di vocazioni. Perché non utilizzare questi luoghi? Perché preti, frati, suore, laici appartenenti a movimenti ecclesiali, che gestiscono queste strutture sono più inclini a trasformare in dormitorio la casa di Dio anziché la propria?
3) A Roma, poi, la cosa risulta particolarmente incoerente visto che il Vaticano, la diocesi, gli ordini religiosi, i movimenti e le varie aggregazioni, hanno trasformato un’infinità di edifici, un tempo pieni di religiosi, in alberghi, a tre, quattro, anche cinque stelle, badando però quasi sempre di conservare la qualifica di ‘casa di accoglienza’ per ovvie ragioni fiscali; dunque se per una volta si volesse onorare questo titolo, ci sarebbero posti a volontà; anzi facendo un calcolo approssimativo si vedrebbe che se ognuna di queste ‘case di accoglienza’ ne ospitasse tre o quattro, sarebbe necessario importare i senzatetto da fuori città per riempire tutta la disponibilità possibile.
4) Ma il vero problema è un altro. Come possono i cristiani, Pastori e laici, non vedere che la grande emergenza del nostro tempo è che viviamo ormai da decenni un progressivo inaridimento della fede e della vita spirituale, che chiamiamo secolarizzazione? E come si fa a non vedere che questo inaridimento consiste nello svuotamento della religione dei suoi contenuti primari e propri, cioè quelli soprannaturali, e la sua trasformazione in un umanitarismo totalmente orizzontale, in cui Dio resta solo come supporto nominale ad un’etica dei buoni sentimenti? E ancora, come si fa a non vedere che tutto ciò che collabora direttamente o indirettamente a ridurre ulteriormente la dimensione verticale, del sacro, del soprannaturale, in questo nostro mondo già tanto piatto, arreca un danno, il più grande possibile, all’uomo del nostro tempo, a tutti gli uomini, credenti e non, poveri e ricchi? Perché l’incapacità di conservare spazi fisici del sacro in un mondo in cui questi spazi sono sempre più erosi dal dilagare della ‘profanità’ è il più barbaro e avvilente impoverimento per tutti. Rendere così facilmente ‘profanabile’ quel poco di spazio sacro che è rimasto, eccetto il caso di una vera emergenza, è un oltraggio ai diritti di Dio e il peggior servizio all’uomo.
5) Ma forse non è che tutto questo non lo si veda. Lo si vede e lo si vuole così. Fatta salva la buona fede dei singoli e la sincera generosità di tanti, viene da pensare che certe scelte, nelle piccole come nelle grandi cose, rispecchino il desiderio non solo di non contrastare più la secolarizzazione, ma di abbracciarla cordialmente, tutto, sempre, sotto la luce delle telecamere, è ovvio.
Allora il rischio, almeno in questa parte di Europa, è di passare dall’annuncio della fede, pronto a subire l’incomprensione e la persecuzione, all’esibizionismo della carità, per avere gli applausi del mondo.