La Kirchensteuer, a differenza dell’8 per mille, è una vera e propria tassa che ricade su tutti coloro che all’anagrafe sono registrati come cattolici (o protestanti per quanto riguarda la Chiesa evangelica).
Per non pagarla c’è solo una possibilità: cancellare la propria appartenenza religiosa, appunto, all’anagrafe. Molti l’hanno fatto e molti altri lo vorrebbero fare ma esitano, perché le conseguenze sono assai dure: in pratica l’essere considerati a tutti gli effetti apostati, con la relativa negazione dei sacramenti, funerale in chiesa incluso.
Sul punto da lunghi anni è in corso un braccio di ferro tra la Santa Sede, che si è espressa ripetutamente contro l’equivalenza tra cancellazione dell’appartenenza religiosa all’anagrafe e apostasia, e l’episcopato tedesco, che nella sua maggioranza è invece per la “linea dura”. Una severità e una rigidità che possono sorprendere visto che allo stesso tempo la maggioranza dell’episcopato tedesco spinge per una Chiesa “misericordiosa” e “vicina al mondo”, con la richiesta di comunione ai divorziati risposati, superamento del celibato sacerdotale, allentamento dei “vincoli” in materia di etica sessuale ecc.
Può sorprendere meno se si pensa però che la sola Caritas tedesca impiega circa 500mila persone a tempo pieno, più dei dipendenti del gruppo Volkswagen (389mila). Tanto per dare un'idea dell’enormità dell’apparato burocratico ecclesiale, inversamente proporzionale al numero di cattolici praticanti, che continua a restringersi. E apparato che, fosse lasciato alla libera contribuzione dei fedeli o a forme meno stringenti e “coercitive”, crollerebbe in un istante.
(I dati riportati sono quelli forniti dall’Ufficio federale di statistica inerenti al 2012).