«La Chiesa in Germania è sulla via della totale irrilevanza», titola un articolo da poco uscito su The Catholic World Report. Parole senza dubbio pesanti, che possono far pesare quasi ad un pregiudizio; ma si tratta realmente di una valutazione esagerata? Probabilmente no. Anzi, in realtà, c’è pensare che si tratti di una sintesi quanto mai azzeccata, almeno a giudicare dall’ultima nota della Conferenza episcopale tedesca, che ha recentemente reso pubbliche le statistiche ecclesiastiche per l’anno 2022. Ebbene, sono in effetti statistiche funeree, da coma profondo.
Lo scorso anno sono infatti stati per la prima volta oltre mezzo milione – 522.821, per l’esattezza – i fedeli che si sono allontanati. Numero non solo immenso, ma che segna un aumento rispetto ai numeri già drammatici del 2021, quando i battezzati in uscita libera furono 359.338. Se si considerano poi numeri dei “fuoriusciti” del 2020 (221.390) e del 2019 (273.000), significa che negli ultimi quattro anni la Chiesa tedesca ha perso 1,3 milioni di fedeli. No, parlare di «totale irrilevanza» sociale non è affatto una esagerazione. Semplicemente, è la verità.
Certo, ci si potrebbe chiedere come mai un fenomeno simile, che se da un lato si registra in tutto l’Occidente – la secolarizzazione non è certo una esclusiva teutonica -, dall’altro ha nella Germania un teatro prediletto. Perché? C’entrano forse gli scandali degli abusi nel clero e la rigidità della morale cattolica, poco al passo coi tempi e incapace di essere davvero «inclusiva»? Può far comodo pensarlo. La realtà – della quale il Timone si è approfonditamente è occupato già nel numero di aprile 2021 della rivista (qui per abbonarsi) – è che questa emorragia di fedeli probabilmente rispecchia una crisi di fede, che si manifesta attraverso numerosi elementi, che vanno a suffragare i numeri dei tanti “fuoriusciti”.
Per esempio, quello di una sorta di “burocratizzazione” della Chiesa, a scapito del suo slancio evangelizzatore. Ne parlava uno che la Chiesa tedesca la conosceva bene come Benedetto XVI, il quale già anni or sono denunciava come «nelle istituzioni ecclesiali – ospedali, scuole, Caritas – molte persone sono coinvolte in posizioni decisive che non supportano la missione interna della Chiesa e quindi spesso oscurano la testimonianza di questa istituzione». Non solo. Anche la smania che le gerarchie ecclesiali tedeschi, tanto più in questi tempi sinodali, hanno di compiacere l’agenda progressista e mondana potrebbe essere fatale.
Vengono a tal proposito in mente le parole, che ho citato nel mio libro Grazie a Dio, che scriveva 60 anni fa il sociologo Thomas Luckmann. Parole che hanno il sapore del monito e della profezia, non solo per la Chiesa tedesca. «Se le chiese si adeguano alla cultura predominante della moderna società industriale», avvertiva lo studioso, «esse necessariamente assumono la funzione di legittimare quest’ultima. Svolgendo tale funzione, tuttavia, l’universo di significato tradizionalmente rappresentato dalle chiese diventa sempre più irrilevante». Ah, manco a farlo apposta Luckmann è stato a lungo docente universitario in Germania. Dove però, a quanto pare, la sua lezione non è stata appresa, non vi pare? (Foto: Timone)
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