La storia di Chiara Corbella Petrillo, tutta vertigine e mistero, ha fatto ormai il giro del mondo. Anche oltreoceano in molti sono stati conquistati dal sorriso di questa ragazza dell’’84, morta per amore e per tutti già santa. «Una nuova Gianna Beretta Molla», disse di lei il cardinale Agostino Vallini, il giorno del suo funerale. La lezione che Chiara Corbella regala, a 10 anni dalla sua nascita al cielo, è racchiusa in queste sue semplici e sconvolgenti parole: «L’importante nella vita non è fare qualcosa, ma nascere e farsi amare».
Perdere un figlio appena nato, poi anche il secondo, e morire felici un anno dopo aver dato alla luce Francesco, il terzogenito. Questa è la sua storia. «Eppure», ha scritto Chiara, «nessuno è riuscito mai a convincermi che quello che ci è capitato sia stata una sventura». Com’è possibile? Eppoi, perché così tanta gente è innamorata di Chiara Corbella? Antonio Socci ha risposto che Chiara «è come un anticipo del regno di Dio, dove un giorno, nemmeno troppo tardi, faremo festa». Ed è così, questa giovane madre e sposa è stata un riflesso della beatitudine celeste già su questa terra, non è un caso che lasciasse scritto: «Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna».
«UNA STORIA UGUALE ALLA SINDONE»
Il sorriso di Chiara conduce dritti fino alla domanda di Agostino: «Dove si è conosciuta la gioia per desiderarla così tanto?», mentre la sua storia, per il mondo così indecifrabile, fa lo stesso identico effetto della Sindone: «La guardi», scrive Luisella Saro, «e puoi vedere solo il sangue, i segni dei chiodi, delle spine, della flagellazione. Oppure scorgere, tra i pertugi della Passione, la Resurrezione». La novità, però, è che distanza di dieci anni dalla sua scomparsa nessuno più osa fermarsi alla cronaca dei due figli morti dopo mezz’ora di vita, o al suo tumore, così scostumato e fuori luogo, che ha spento la vita terrena di questa raggiante ragazza cresciuta nel Rinnovamento nello Spirito e approdata al francescanesimo più puro. In attesa che Chiara arrivi davvero (finalmente) a tutti – alle TV nazionali, alla grande stampa, ai libri di scuola – è già certo che l’essenza della sua storia hanno imparato a coglierla in tanti, laici compresi: non dolore ma gioia, non nubi ma barbagli, non sfortuna ma Grazia. È il paradosso cristiano, che nell’epopea di Chiara e di suo marito Enrico prende forma e carne.
Ad attestare che ormai è “tutto chiaro” ci sono le lettere che, puntualmente, i genitori di Chiara trovano sulla tomba della figlia. «Vedere che molte persone si appoggiano a lei», hanno confidato ad “Avvenire”, «ci aiuta a comprendere che Chiara ha cambiato la loro vita […] attraverso i libri, i social e le testimonianze. Succede anche con sacerdoti e religiosi: di recente due missionarie della carità di Madre Teresa ci hanno invitati alla loro prima professione dei voti perché hanno voluto prendere il nome di suor Chiara Luz e suor Chiara Amata». Che lo scandalo della vita dei coniugi Petrillo è ormai sciolto, lo attestano anche le centinaia di richieste spirituali (concretissime) che a Chiara arrivano dal sito a lei dedicato, specie da quando si è aperta la sua Causa di beatificazione: la guarigione da una malattia, la fortezza e la costanza nel matrimonio, il discernimento nelle scelte difficili, ovviamente la gioia di una gravidanza.
UNA “SVEGLIA” PER LA CHIESA
Attenzione, perché in questo anniversario pieno e speciale, per certi pigri salotti curiali – quelli per i quali il Verbo si sarebbe fatto non carne ma carta, e che ancora faticano a capire come certe digressioni in ecclesialese spinto non commuovono e non convertono nessuno – la storia di Chiara dovrebbe suonare come una scossa, una sveglia. «Mi viene in mente», racconta Socci parlando di Chiara Corbella, «quando il cardinale Ratzinger disse che per rendere veramente credibile la fede non servono i successi mondani della Chiesa, dei papi o di uomini importanti, ma che la gente semplice porti la croce con Gesù: così si convince il mondo. Mi impressiona come, in questo periodo, il Signore continui a metterci davanti giovani donne sposate e madri come Chiara, Meriam Ibrahim e Asia Bibi. Tutte donne disposte a lasciare tutto per Lui».
La fede semplice e geniale di Chiara, invece, (quella che le fece dire: «Siamo nati e non moriremo mai più») non solo ha fatto sì che dietro a lei e ad Enrico si formasse un’intera compagnia, ma anche che questo popolo fosse assolutamente assetato di verità e giustizia. Pronto alla battaglia.
LA CARITÀ: LA PIÙ ALTA FORMA DI POLITICA
Ecco perché è possibile scorgere un tratto “politico” nella vicenda umana di Chiara Corbella. A pochi giorni dall’ennesimo grido dell’Istat sulle “culle vuote”, a poche settimane dalla decisione (epocale e dalla Ue osteggiatissima) della Corte Suprema americana, che presumibilmente ribalterà la sentenza “Roe v. Wade”, non potrà non aprirsi anche in Italia, come in Europa, un grande e franco dibattito sull’aborto. Qualcosa già si muove. Vladimiro Zagrebelsky, giurista ed ex membro della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), si è scagliato contro quel coro bigotto (e violento) che «invece di contrapporre argomenti, vuole zittire chi la pensa direttamente». L’oggetto del contendere (ha fatto notare Robi Ronza) erano i tanto urticanti i manifesti pro life affissi per strada. Ma sia la difesa di Zagrebelsky (per cui la critica delle leggi vigenti «è ovviamente libera, così come lo è la proposta di modificarle, per restringerne la portata o per allargarla»), sia il rumoroso titolo del suo intervento («Non si può far tacere chi è contro l‘aborto»), sia, ancora, chi lo ha ospitato (“La Stampa” di Torino, che insieme agli altri grandi giornali, ha tenuto per 50 anni il dibattito sull’aborto ermeticamente blindato), mostrano una cosa sola: che la vita si fa strada. E che un grande confronto sull’improrogabilità della sua difesa – lo stesso a cui presero parte Pasolini e Bobbio – non è più facilmente soffocabile.
I troppi e troppo grandi frutti di Chiara Corbella sono parte integrante di questo clima rinnovato. Impossibili elencarli tutti. Dal suo amore per Maria Grazia Letizia e Davide, figli che Chiara ha difeso come una leonessa fin dal concepimento («Il Signore ci ha chiesto di accompagnarli soltanto fino alla nascita, ci ha concesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli nelle mani del Padre in una serenità e in una gioia sconvolgente», così la giovane donna), è nato, nell’imprenditore Toni Brandi, il desiderio di fondare “Pro Vita Onlus” (oggi “Pro Vita e Famiglia”), gagliarda associazione nata per «dare voce ai bimbi non nati». Dalla biografia sulla vita di Chiara, tradotta in 13 lingue (Siamo nati e non moriremo mai più, long-seller uscito nel 2013), nei Consultori d’Italia la sua storia è diventata uno strumento prezioso per indicare alle madri la via della vita. Ribaltando il motto montiniano, nessuno meglio di Chiara Corbella Petrillo può attestare che la carità è la più alta forma di politica. L’esercito formatosi nella sua scia di luce lo sa bene, ed è all’opera per ricordare al mondo che la vita è il dono più prezioso. Sempre.
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