Aveva tre cuccioli con sé l’orsa JJ4, alcuni giorni fa, quando è stata catturata nei boschi del Trentino e che, secondo le ricostruzioni, stava cercando di proteggere quando ha incontrato e in seguito dilaniato il povero Andrea Papi, il runner 26 enne sui sentieri del monte Pellier. Straziante il dolore della madre di Papi, Franca Ghirardini che in una lettera aperta scrive: «Volevo dirvi che la mia anima e quella dei miei familiari è devastata da un immenso dolore, non riusciamo a capacitarci e a farcene ragione, il sapere che Andrea è stato in balia dell’orso mi devasta». E ora chiede giustizia perché non ci scappino ancora altri morti.
Ma apriti cielo, insorgono gli animalisti e certa stampa in un improvviso e insospettabile sussulto di umanità mossi da un estemporaneo e nuovo interesse verso l’inscindibile legame biologico madre-figlio che riguarda ovviamente non la madre deprivata deliberatamente del proprio figlio, in seguito ad un incidente che si poteva benissimo evitare, ma la mamma orsa la cui ordinanza di abbattimento è stata sospesa dal Tar fino a metà maggio per il ricorso degli animalisti. E proprio gli animalisti sono scesi in campo in questi giorni, in 300, davanti al rifugio che adesso ospita l’animale. «Abbiamo 400mila ettari di bosco. Si potrebbe trovare un’area di un centinaio di ettari, non una gabbia come questo luogo», hanno dichiarato gli attivisti. Ma scorrendo le immagini della manifestazione spiccano le scritte di alcuni striscioni “Chi separa madri e figli è un mostro”.
A leggere non ci si crederebbe! In questi ultimi anni si moltiplicano, infatti, gli sforzi ideologici e mediatici per mostrare tutto il bene e il buono, invece, della barbara pratica dell’utero in affitto, a partire dal suo rinominarla “gestazione per altri” (utero altruistico!) “maternità surrogata” e persino su alcune testate “gravidanza solidale”, come a sottintendere che chi si oppone a tale pratica di separazione di una madre (non di orso, di babbuino, di cetaceo ma di essere umano) dal suo bambino, è intrinsecamente insensibile nei confronti di chi non può avere figli per un motivo o per un altro. E rincara la dose, manco a dirlo Vanityfair che nel descrivere il momento della cattura dell’orsa specifica che alcuni dei suoi cuccioli erano con lei e ovviamente sono stati in seguito separati dalla madre: «La fortuna è che sono cuccioli dell’anno scorso, e la scienza ci dice che sono grandi abbastanza per farcela» perché, udite udite- «I cuccioli in natura si staccano naturalmente dalla madre a circa due anni».
E contenti siamo del fatto che proprio un giornale come Vanityfair quindi non una testata “ultracattolica” abbia evidenziato un fatto di cui non si tiene invece affatto conto quando si tratta dell’utero in affitto (tema al centro di un’inchiesta sul Timone che uscirà a maggio: qui per abbonarsi alla rivista). Altro che primi due anni! Nel caso dell’utero in affitto, il bambino che nel grembo della sua mamma ha vissuto un rapporto fatto di scambi silenziosi, un rapporto viscerale, primordiale che getterà le basi del legame che si svilupperà dalla nascita in poi, è sottratto immediatamente, senza sé e senza ma da questo legame profondo e imprescindibile. Ma per una barbarie simile non si scende in campo, anzi, guai a protestare, ci si becca pure il marchio di “intolleranti” e quant’altro.
E allora leggendo anche un altro degli striscioni branditi dagli animalisti in cui si parla di “antispecismo”, senza pensare invece che della vita dell’uomo si sta facendo scempio, non può non venire in mente una poesia di Nazim Hikmet Prima di tutto: «Credi al grano, alla terra, al mare, ma prima di tutto credi all’uomo [..]. Senti la tristezza del ramo che secca, dell’astro che si spegne, dell’animale ferito che rantola, ma prima di tutto senti la tristezza e il dolore dell’uomo. Ti diano gioia tutti i beni della terra: l’ombra e la luce ti diano gioia, e quattro stagioni ti diano gioia, ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l’uomo!». (Fonte foto: screenshot skytg24)
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